8.0
- Band: SECRET SPHERE
- Durata: 01:16:48
- Disponibile dal: 28/04/2015
- Etichetta:
- Scarlet Records
- Distributore: Audioglobe
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Non siamo stati molto fortunati con le recenti riedizioni di dischi storici… “Kings Of Metal MMXV” dei Manowar deludeva infatti molto in virtù di un sound che non era mai (per fortuna) appartenuto a quell’album, mentre a causa della scialba e inaccettabile prestazione di Tony Kakko e dei suoi Sonata Arctica su “Ecliptica Revisited” abbiamo ancora adesso gli incubi. Non partivamo quindi ben disposti all’ascolto di questa versione 2015 di “A Time Never Come”, considerando che si tratta infatti di un album tra i nostri preferiti e di un disco cardine della scena power italiana, un prodotto che, nel bene e nel male, rappresenta tuttora il volto più noto e apprezzato della band Alessandrina. E di buoni motivi per temere ce n’erano… La band non è più la stessa, e di quella formazione rimane solo il fondatore Lonobile e il suo sodale Andy Buratto. Le tastiere di Agate, importantissime nell’economia dell’intero album sono ora suonate dal giovane Caccia, che ha un approccio molto diverso, e dietro ai tamburi troviamo al posto di Cartasegna il più eclettico Pennazzato, dal tocco meno power ma più ricco. E poi c’è la faccenda Luppi… se la sostituzione degli altri membri appena citati poteva in qualche modo essere ‘assorbita’, la differenza tra la timbrica di Luppi e quella di Roberto Messina ci creava invece maggiori dubbi. Dubbi che vengono fugati dall’ascolto di questo disco… che è una bomba come l’originale! Nulla è stato snaturato, troviamo tutto al proprio posto… però notiamo bene come il sound dell’ultimo “Portrait Of A Dying Heart” sia entrato stabilmente nel DNA della band, e ne caratterizzi adesso la personalità. Il sound di questo nuovo “A Time Never Come” è avvolgente, caldo e ricco. I nuovi arrangiamenti di Caccia ci piacciono parecchio, regalano un’ottima resa alle parti più eleganti, mentre la distintiva firma del Mularoni-sound porta le chitarre in primo piano, facendole spiccare più che nella versione originale. Le linee melodiche sono rimaste immutate, anche se la timbrica acuta di Ramon è qui sostituita da quella più colorata di Luppi… il bravo cantante emiliano (ora in forza anche ai Whitesnake come tastierista) usa infatti senza remore la propria personalità, evitando di rincorrere inutilente la prestazione del predecessore. Con queste nuove carta, possiamo rigoderci queste piccole gemme targate 2001, passando dal power tout-court di “Legend” al progressive di “Under The Flag Of Mary Read”, fino al metal quasi sinfonico della bellissima “Lady Of Silence”. Il suono della chitarra e del piano di “Mystery of Love” accompagna una prestazione forse meno emozionale ma da brividi come tonalità e timbrica, e da la piena cifra stilista della qualità di questa riedizione. Il risultato è un disco che accontenta chi voleva un album non stravolto nelle sue caratteristiche chiave, ma anche chi non voleva risentire di nuovo lo stesso prodotto. Certo ci sarà chi continuerà per ragioni affettive a preferire la vecchia versione, ma dal canto nostro dobbiamo ammettere che qui il bersaglio è stato centrato eccome. Siamo soddisfatti di aver rivissuto in una veste più attuale questo pezzo d’arte della vecchia scena tricolore, ora però ci chiediamo però se arriverà anche l’edizione 2015 di “Return To Heaven Denied” con Boals alla voce.