9.5
- Band: SECRET SPHERE
- Durata: 00:54:37
- Disponibile dal: 21/02/2001
- Etichetta:
- Elevate Records
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Probabilmente la scena metal italiana non ha mai ricevuto le luci della ribalta che avrebbe meritato, ma c’è stato un periodo, all’incirca vent’anni fa, quando il mondo intero, interessato alle sonorità power metal molto in voga in quel particolare momento storico, guardava con grande interesse alla nostra penisola come continua fucina di talentuose band, invidiandoci gruppi quali Rhapsody, Labyrinth, Domine e Vision Divine. Affianco a questi, tra i nomi più gettonati, si aggiungeranno ben presto i Secret Sphere, debuttanti nel 1999 con “Mistress Of The Shadowlight”, gioiellino ancora da smussare ma già in grado di mettere molti ascoltatori e addetti ai lavori sull’attenti: il talento di questi ragazzi è da subito ben evidente e alcuni pezzi sono clamorosi. Ma facciamo un passo indietro.
Aldo Lonobile era un giovane musicista alessandrino, con non troppa esperienza alle spalle. Nel 1997 crea la band e, appena riesce a trovare l’uomo giusto dietro al microfono ed una formazione preparata ed ispirata, può davvero accendere la magia, quella che solo una Sfera Segreta può emanare. Roberto Messina, strappato come un goleador brasiliano a suon di milioni di euro durante il calciomercato ai cugini Highlord – sì, perchè la scena piemontese in quegli anni era decisamente florida e poteva contare su band come queste, senza dimenticarne altre, ad esempio gli interessanti Desdemona – è l’arma vincente, l’interprete ideale di un sound che si sviluppa sì su sonorità sinfoniche seguendo la scena melodica europea del tempo (Helloween, Stratovarius e Angra), ma con un tocco molto personale che ha caratterizzato diverse uscite tricolori e che potremmo definire ‘italian melodic power-prog’. Si tratta di un power metal più ricercato rispetto a quello più rapido tipico delle terre scandinave, o rispetto a quello più quadrato di scuola tedesca. La scena italiana punta maggiormente su continui cambi di tempo, calde melodie, arrangiamenti elaborati e linee vocali dinamiche. Elementi che troviamo certamente nell’indiscusso capolavoro “Return To Heaven Denied” – esemplare masterpiece targato Labyrinth – e che emergono prepotentemente anche nel sound dei Secret Sphere. “A Time Never Come” mostra una marcia in più nei confronti dell’esordio, a partire proprio dalla produzione molto più professionale, ma anche grazie ad un songwriting geniale che non presenta alcuna sbavatura e riesce a rapire l’ascoltatore durante i suoi cinquantaquattro minuti capaci di emanare ancora oggi forti emozioni. Diviso in quattro capitoli, “A Time Never Come” vede i Secret Sphere tuffarsi subito in una sorta di concept-album che racconta la storia di Aurienne, una ragazza che attraverso una sfera magica riesce a viaggiare nel tempo diventando parte di alcune celebri avventure.
La partenza raggiunge la perfezione: dopo una breve intro, l’onore di aprire le danze spetta al pianoforte di Antonio Agate; “Legend” è uno dei brani più rappresentativi dell’intera scena power metal di quegli anni. Chitarre potenti, la voce squillante di Rob e i cambi di tempo fulminei che passano da riff stoppati di scuola thrash a momenti tranquilli, con le tastiere a farla da padrone, ci accompagnano fino ad un ritornello che conquista grazie anche al lavoro eccelso di Luca Cartasegna alla batteria (superba la sua prestazione lungo tutto il disco). Siamo solo all’inizio ma l’esaltazione è già alle stelle. Riff esplosivi incendiano l’incipit sparato di “Under The Flag Of Mary Read”, brano che si sviluppa attraverso accelerazioni e sezioni più rilassate, con un altro refrain di livello assoluto. La parte centrale è caratterizzata da un meraviglioso bridge di pianoforte, sopra il quale si intrecciano alcune voci in uno spettacolare crescendo, che va chiaramente ad omaggiare i grandi Savatage (chiaro il riferimento al brano “Chance”, contenuto nel disco “Handful Of Rain”), prima di lasciar spazio ad un memorabile assolo di tastiere e alle sontuose orchestrazioni firmate Antonio Agate; il ritornello finale che esplode dalle casse cambia clamorosamente e colpisce alla grande andando a chiudere alla perfezione il brano: chapeau! Un arpeggio supportato da imponenti tappeti di tastiera apre la power song “Only The Brave”, scoppiettante brano dagli arrangiamenti barocchi; un intermezzo oscuro con un riff tritaossa lancia poi la spinta finale fino al refrain tutto in doppia cassa. Riff decisi ed il piano di Antonio sono le basi su cui si erge l’inossidabile “Lady Of Silence”, song che trova in Roberto l’assoluto protagonista grazie ad una interpretazione magnifica. Neppure il tempo di tirare il fiato che i Secret Sphere colpiscono dritti al cuore con una delle ballate più belle che la storia del metal melodico – e non solo – possa raccontare: “The Mistery Of Love” è un brano magico, che riesce a dilungarsi per quasi sette minuti con continue vibrazioni che arrivano al culmine quando Aldo Lonobile decide di scrivere uno dei solo di chitarra più appassionanti di sempre. La tiratissima “Hameleen” potrebbe sembrare la classica power song in stile Stratovarius, ma i Secret riescono a renderla molto più dinamica grazie a continui cambi di melodie. Più oscura e malinconica e con un tocco progressivo, “Dr. Faust” è una mini suite di otto minuti che colpisce duro con riff pieni e aperture melodiche che non lasciano indifferenti; l’intuizione vincente arriva al sesto minuto, quando è ancora una volta il piano di Antonio a prendere il proscenio accompagnando una interpretazione teatrale di Roberto che ci porta verso le note conclusive di questo disco, vero e proprio gioiello indimenticabile.
La tecnica e le trovate compositive di Aldo Lonobile, unite al lavoro strabiliante negli arrangiamenti di Antonio Agate e all’estro canoro di Roberto Messina, senza dimenticare il solido contributo della sezione ritmica formata da Luca Cartasegna, Andrea Buratto e, alla chitarra ritmica, Paco Gianotti: un disco di tale portata è sempre il risultato di un lavoro di squadra brillante, geniale e maniacale. I Secret Sphere sognavano come tante di band di creare qualcosa di magico e capace di restare nel tempo, e quello che hanno ottenuto è “A Time Never Come”, un autentico masterpiece che brillerà per sempre all’interno della scena melodica a livello mondiale. Un lavoro talmente riuscito da attirare le attenzioni della Nuclear Blast, spinta successivamente a far firmare i Secret Sphere per il successivo, controverso lavoro. Ma questa è un’altra storia…
A chiudere, per l’occasione abbiamo interpellato brevemente Aldo Lonobile e Roberto Messina per avere un commento attuale sul disco protagonista di questo Bellissimo:
– “A Time Never Come” è tuttora un album molto importante per la band, al di là dei brani o dei grandi riscontri ottenuti, è un disco composto da una formazione forte e coesa. Gli album successivi sono sicuramente stati scritti con grande passione, ma lo spirito di band non è mai più stato paragonabile a quello – (Aldo Lonobile)
– “A Time Never Come” fu composto in totale libertà creativa, credo sia questa la sua caratteristica predominante. Niente calcoli, niente timori, solo la chimica di base tra un gruppo di ragazzi affiatati, uniti non solo da una forte amicizia ma anche dalla incontenibile passione comune per la musica ed il metal e ancor di più da una voluta ‘convivenza forzata’ di un mese in occasione delle registrazioni e degli aggiustamenti compositivi finali presso lo studio di Luigi Stefanini – (Roberto Messina)