8.5
- Band: SECRET SPHERE
- Durata: 00:50:56
- Disponibile dal: 26/11/2012
- Etichetta:
- Scarlet Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
Strana cosa, i cambiamenti. A volte sono distruttivi, tolgono credibilità a band amatissime dai fan, e affondano monicker anche famosi in vortici di diatribe, allontanando l’attenzione dalla musica e concentrandola su vicende e dinamiche interne, più adatte ad una telenovela che a quello che noi chiamiamo rock. Ne abbiamo visti, di esempi, negli ultimi anni. Come sarà il nuovo Dream Theater senza Portnoy? Riuscirà il successore di Loomis ad illuminare il songwriting di Dane nel prossimo Nevermore? Che direzione prenderà il prossimo Nightwish? Tutte domande lecite, specie quando come in questi esempi si parla di grossi nomi coinvolti, musicisti che volenti o nolenti rivestivano un grande ruolo, di visibilità o creativo, nell’economia di una band. I Secret Sphere, orfani del singer Roberto Messina, si offrivano ovviamente a speculazioni e chiacchiere di questo tipo, chiacchiere alimentate dal fatto che l’esule si trattava del frontman e soprattutto dall’annuncio dell’introduzione nella band di un vocalist noto (e discusso) come Michele Luppi. A conti fatti, le chiacchiere in questo caso stanno a zero, in quanto il nuovo “Portrait Of A Dying Heart” è un disco stratosferico, probabilmente il miglior album della carriera della band alessandrina. Un masterpiece di power metal e metallo progressivo, a tratti delicato, a tratti potente, sottolineato da una classe ed un eleganza da sempre trademark della band ma presenti in questo disco a livelli davvero fuori dal comune. Le coordinate puramente musicali virano ulteriormente rispetto all’ultimo “Archetype”, (ri)abbracciando in toto sonorità progressive metal (basti sentire i sei minuti introduttivi della title-track, pezzo che non sarebbe stato male su “Scenes From A Memory” dei Dream Theater), mantenendo però un saldo ponte con il power soprattutto grazie al drumming forsennato di Pennazzato e alle vorticose ritmiche thrashy disegnate dalla chitarra di Pastorino. L’impressione generale che si ha dei musicisti in questo nuovo capitolo è di estrema libertà e sicurezza, impressione veicolataci da un impianto di scrittura che lascia a ciascun artista un quanto mai largo spazio per esprimersi, con particolare menzione al solista Lonobile, autore di assoli veramente memorabili e al giovane Gabriele Ciaccia, pezzo stavolta assolutamente indispensabile nella creazione delle giuste atmosfere per ogni singolo pezzo. E Luppi? Immenso. La prestazione vocale del cantante di Carpi è il definitivo valore aggiunto, la ciliegina sulla torta, quell’espressione finale che forse mancava al songwriting dei Secret Sphere e che adesso, come l’ultima tessera di un complesso puzzle, entra nel suo posto perfettamente, come se quello fosse sempre stato il suo posto. L’esperienza, la timbrica e lo stile vocale di Luppi, cantante dall’approccio diversissimo rispetto al predecessore Messina, compiono su quest’album davvero miracoli, colorando ogni pezzo con la giusta tonalità e permettendo al cantante stesso di presentarsi a noi in maniera quanto mai camaleontica, spaziando su un range di registri che più ampio non potevamo immaginare. Con sicurezza e precisione strappa-applausi il Nostro passa con naturalezza da momenti impostati e quasi sussurrati a veri e propri inni metal, che tradiscono il suo passato nei Vision Divine di Thorsten (“X”), toccando senza soluzione di continuità tasti sempre diversi, che ci parlano di metal melodico (“Union”), di aggressività power (“The Fall”) e di dolci ballad (“Lie To Me”). Mai in quasi quindici anni di carriera si è vista una simile varietà di registri nel songwriting dei Secret Sphere, e i risultati non lasciano alcun dubbio sul fatto che la strada intrapresa con “Portrait Of A Dying Heart” sia quella giusta adesso, sul finire del 2012. Uno dei migliori album di quest’anno, senza alcun dubbio.