7.0
- Band: SECRETS OF THE MOON
- Durata: 00:52:16
- Disponibile dal: 08/05/20
- Etichetta:
- Prophecy Productions
- Distributore: Audioglobe
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“Black House” è l’apice e l’approdo finale di un’evoluzione – o involuzione, dipende dai punti di vista – durata oltre due decenni. Quella dei Secrets Of The Moon sinora è sempre stata una carriera costantemente contraddistinta dalla volontà di effettuare un volo, uno stacco che elevasse a nuove prospettive. Partendo dall’underground black metal, il gruppo tedesco ha introdotto novità nella propria proposta quasi ad ogni appuntamento in studio, lasciando sempre più spazio ad una melodia e ad una una tensione atmosferica indotta da sonorità ariose e minimali. Con “Sun”, uscito ormai quasi cinque anni fa, il black metal era stato ridotto al ruolo di un sibilo lontano e intermittente, chiamato a suggerire oppressione e angoscia solo in alcune parti di un disco sì torbido e sfaccettato, ma complessivamente assai melodico. Ora, accantonata anche la formula di “Sun”, il quartetto mette in atto una virata che rimuove del tutto il metal per ammiccare più che mai alla malinconia e a certa orecchiabilità dei filoni gothic rock e post punk, conferendo una maggiore apertura e brillantezza all’insieme. Tutto l’esperimento, pur non offrendo nessuna eclatante novità e attingendo da un repertorio già tutto sommato abusato, parte comunque da un songwriting mediamente ispirato e da una concreta padronanza del genere. D’altronde, le influenze dei Fields Of The Nephilim erano già presenti da tempo nel sound del gruppo, di conseguenza “Black House” non appare come un’opera di emulazione improvvisata e raffazzonata; al contrario, la tracklist trasmette l’impatto e l’entusiasmo di una scelta spontanea e consapevole, facendo definitivamente emergere tutta la passione della band per questo tipo di melodie. Chi ha vissuto gli anni Novanta probabilmente non resterà sorpreso da questo cambio di rotta e da quanto ascoltabile sul disco: la fuga verso l’ambiente dark è arrivata anche ad essere una moda a suo tempo e ciò che i Secrets Of The Moon stanno facendo ora non è affatto diverso da quanto compiuto da formazioni come Tiamat o Moonspell a metà carriera.
In ogni caso, nel suo insieme “Black House” è ben armonizzato e sa rendersi piacevole, anche se i suoi episodi più ritmati sanno inevitabilmente di prevedibile. È nei brani maggiormente controllati e distesi che i tedeschi riescono a mantenere una certa personalità: “He Is Here” o “Heart” infatti sposano l’impronta gothic rock con la vecchia attitudine sofisticata e puntigliosa del gruppo, per una forma creativa che sa anche osare divagazioni meno convenzionali. Chissà se il futuro dei Secrets Of The Moon ci riserverà qualcosa di nuovo partendo da queste basi oppure se il quartetto volgerà lo sguardo verso citazioni anni Ottanta ancora più spudorate. Nel frattempo, non si può fare altro che prendere “Black House” per quello che è, godendoci le sue atmosfere suadenti senza pensare troppo al metallo.