8.0
- Band: DOWNFALL OF NUR , SELVANS
- Durata: 00:39:43
- Disponibile dal: 07/11/2016
- Etichetta:
- Avantgarde Music
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
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Cosa succede quando si mettono in comune le forze dei Selvans, ossia una delle più interessanti realtà emerse dall’underground italiano, e quella strana entità italo-argentina nota come Downfall Of Nur? Sicuramente si ottiene il risultato di superare la classica forma dello split album due-pezzi-a-testa-e-via, a favore di un lavoro di concerto e condiviso che è più della somma delle già eccellenti parti che lo compongono. L’intro “Sol”, accreditata a entrambe le band, ci immerge in atmosfere silvestri e magniloquenti, guidate dalle tastiere e da una serie di efficaci inserti, che guidano l’ascoltatore verso la progressiva esplosione di “Pater Surgens”, la prima delle due vere e proprie (e corpose) tracce di questo split. Questa vede i Selvans come titolari di un brano oltremodo intrigante, ricchissimo, che nel corso dei suoi tredici minuti riesce a trasportarci in un’euforica cosmogonia, ben riflessa dal testo, e musicalmente basata su una progressione dei tappeti di tastiere iniziali, giustapposti a una batteria potente e ad efficaci passaggi di chitarra dal tocco quasi folk, che può far pensare agli albori del miglior symphonic black metal. Anche le linee vocali seguono la via di una funzionale contrapposizione tra uno scream più selvaggio e un occasionale e maestoso cantato pulito. Il tema centrale è retto potentemente dall’ospitata di Antonio Sanna alle launeddas, strumento a fiato della tradizione sarda, che aumenta moltissimo la sensazione di trovarsi in un bosco durante un rito panico, ma resta spazio anche per un ottimo passaggio di chitarre di matrice più classicamente black. “Mater Universi” è invece la Creazione a nome Downfall Of Nur, e il termine trova un duplice significato: non solo è appunto il pezzo accreditato a Sanna (con simmetrica ospitata ai flauti di Selvans Haruspex), ma anche in questo caso ci troviamo di fronte a un’invocazione alle forze creatrici, in questo frangente la benevola e purificante Madre. E se nel precedente brano prevaleva un’atmosfera tutto sommato ariosa, “Mater Universi” lascia libero sfogo a una maggior violenza primordiale: permangono gli strumenti a fiato, come accennato, ma le chitarre diventano preminenti e più violente, almeno nella prima parte. Si passa poi infatti a un delicato e suadente intermezzo di voci soffuse, chitarra acustica e piccoli ma potenti passaggi di fiati e percussioni, che riportano alla mente – con tutti i distinguo del caso – alcuni eterei passaggi dei primi Cathedral. Il brano cresce sempre più, si trasfigura esattamente come le forze della natura che i Nostri evocano e invocano, tornando quasi naturalmente a una forma elettrica, almeno prima del finale per tastiere che chiude circolarmente il cammino musicale. Un sottofondo di tuoni e pioggia si inserisce e collega direttamente l’outro “Luna”, nuovamente composta e registrata a quattro mani da Selvans Haruspex e Antonio Sanna: una breve ma struggente composizione in minore per tastiere dal suono prossimo a uno spettrale organo, in cui ancora una volta si inseriscono efficacemente i fiati. Un lavoro organico, eccellente, nato dalla volontà di collaborare realmente alla stesura di una piccola ma magniloquente opera, e che merita di essere annoverato tra le migliori uscite dell’anno.