8.0
- Band: SELVANS
- Durata: 00:56:25
- Disponibile dal: 02/11/2018
- Etichetta:
- Avantgarde Music
- Distributore: Audioglobe
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Il duo abruzzese continua il suo percorso attraverso fitte foreste e radure votate a riti misterici, non solo delle loro terre ma universali, grazie a una proposta musicale che cresce ulteriormente e difficilmente vi lascerà indifferenti. Se già “Lupercalia” aveva giustamente posto i Selvans sotto i riflettori come una delle realtà più interessanti uscite negli ultimi anni dal nostro paese e dal sottobosco black metal più indefinibile, questo nuovo “Faunalia” ha una ricchezza e un equilibrio tra le diverse facce che caratterizzano la band veramente encomiabili; con tracce che riescono a colpire immediatamente per forza e impatto (siamo in certi momenti di fronte al lavoro più ‘metal’ in senso canonico della band) e altre che entrano sotto pelle come i riti panici che, inevitabilmente, le sonorità dei Selvans sanno evocare. “Faunalia” ha la potenza di una colonna sonora ben riuscita, con lo spettro di Morricone che aleggia in diverse tracce, compreso il richiamo ai fischi del mitico Alessandroni su “Ad Malum Finem”; ma anche e soprattutto l’emotività straniante e conturbante di una sagra di paese in cui ci si trova per caso, dopo essersi smarriti… e solo a tarda notte ci si rende conto che c’è qualcosa di strano e inquietante dietro le maschere indossate dagli abitanti del posto. Saranno anzi davvero maschere? Ecco che allo stesso modo le melodie cangianti di questi brani, in grado di muoversi tra pulsioni puramente black metal e forti elementi folk ci fanno perdere i riferimenti in un senso di smarrimento orgiastico; e a confondere ulteriormente (in senso buono) la nostra percezione intervengono anche numerosi ospiti, che condividono l’approccio musicale e culturale dei Nostri: abbiamo Agghiastru degli Inchiuvatu sulla feroce “Notturno Peregrinar”, Mercy degli Ianva sulla ritmatissima ed eppure struggente “Magna Mater, Maior Mons” e infine Tumulash dei Fides Inversa su “Phersu”, una traccia inquietante, crudele, in cui diversi strumenti tradizionali si intersecano all’architettura principale con intelligenza. E tutti, musicisti e cantori, contribuiscono in maniera differente e ricca a costruire piccoli, preziosi racconti di terre dimenticate e affascinanti. Piuttosto che analizzare e decostruire i singoli brani, consigliamo di perdersi tra le tracce concedendo un ascolto di fila (e ne seguiranno diversi, fidatevi): è il modo migliore per lasciarsi avvolgere dalla ricchezza di questo lavoro che filtra efficacemente con il neo-folk e con il mondo del cinema. Abbiamo già citato il Maestro per eccellenza, che ritorna anche in forma onirica nella maestosa “Requiem Aprutii”, ma in un brano conturbante come “Anna Perenna” abbiamo echi notevoli dei Goblin più sulfurei, grazie all’uso aggraziato dell’Hammond e alle caleidoscopiche e maligne voci che caratterizzano il brano. Con le dovute modernizzazioni, possiamo probabilmente dire che la mitica e apprezzata via italiana all’occult rock ha trovato nuove declinazioni e degli eccezionali alfieri nei Selvans.