7.5
- Band: SEPTICFLESH
- Durata: 00:45:24
- Disponibile dal: 20/06/2014
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Il metal orchestrale dei Septicflesh non è più una sorpresa: la “svolta” è stata accennata su “Sumerian Daemons”, perfezionata con “Communion” e portata finalmente all’attenzione del grande pubblico con “The Great Mass”. Al di là dello stile, continua piuttosto a impressionare la confidenza con cui i Nostri maneggiano trame tanto “difficili” e roboanti e, soprattutto, l’equilibrio con il quale viene gestito il songwriting. Diverse band di stampo orchestrale tendono spesso e volentieri a strafare, giocando di aggiunte e barocchismi con l’intento di scioccare l’ascoltatore medio; i Septicflesh, invece, lavorano di fino, limano tutto il limabile e denotano quasi sempre un gusto e un’armonia che solo i grandi maestri possono dire di possedere. In un album come il nuovo “Titan” si riscontra eleganza già a partire dalle strutture e dalle ritmiche dei singoli brani: il gruppo ellenico non ci investe con blast-beat ad oltranza nè procede per “midtemponi”… non sente la necessità di apparire “estremo” o solenne ad ogni costo. Al contrario, i vari registri a sua disposizione vengono sposati con misura in ogni canzone, facendo in modo che si esaltino a vicenda per conferire alla tracklist un andamento molto dinamico. Lo stesso si può dire dell’apparato sinfonico (come sempre ad opera della Filarmonica di Praga) e del lavoro di chitarra: il primo traina il pezzo solo quando effettivamente serve e il secondo è sempre pronto ad emergere e a colpire, quando chiamato in causa. Anche in “Titan”, i riff sono tanti e si sentono, e palesano in pieno tutto il vecchio background death metal della band; peccato solo che la produzione questa volta risulti inspiegabilmente un po’ ovattata e, in ultimo, sostanzialmente innocua. Senz’altro un passo indietro rispetto a quella di “The Great Mass” o di “Communion”. In ogni caso, forma a parte, il disco regala grandi momenti: “War In Heaven” è una opener tanto ricca di elementi quanto fluida ed equilibrata; il singolo “Burn” miscela alla grande riff quadrati, un chorus riconoscibilissimo, tocchi orchestrali e uno stacco centrale che riporta all’ariosità degli esordi. Interessanti anche “Prototype” e “Dogma”, nelle quali a tratti riemerge anche quel mood industriale percepibile in “Sumerian Daemons”, mentre “Prometheus” si inserisce nella tradizione di composizioni come “Persepolis” e “Oceans Of Grey”: lunga, cupa, maestosa e stra-colma di inserti sinfonici da brivido. Forse l’episodio migliore del lotto. Davanti a tanta classe, risulta insomma difficile concentrarsi troppo sulle varie scelte di produzione: la musica è ciò che conta davvero e questa ancora una volta non delude praticamente mai. I Septicflesh sono ad oggi una realtà più che mai solida e ricca di ispirazione: se continueranno a produrre album con la giusta calma e attenzione, i risultati non potranno che essere sempre pregevoli.