8.5
- Band: SEPULTURA
- Durata: 00:41:39
- Disponibile dal: 05/09/1989
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Self
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“Beneath The Remains”, primo lavoro dei Sepultura targato Roadrunner ed avente distribuzione ufficiale in tutto il mondo, fa a pugni con il seguente “Arise” per il titolo di album migliore della band brasiliana. Finalmente dotato di una produzione degna di tal nome, affidata a Scott Burns nonostante il budget a disposizione di Max e soci non sia ancora elevato, il disco riprende le coordinate del precedente “Schizophrenia” e le eleva a potenza, in un crescendo di maturazione che sembra proprio non avere fine. I brani di “Beneath The Remains” entrano di diritto uno per uno nella storia del thrash-death metal, mini-sinfonie di violenza, rabbia e ribellione che infiammano le orecchie di parecchie migliaia di extreme metallers. Il passo in avanti decisivo che rende magistrale questo platter – oltre chiaramente al già citato miglioramento in sede di produzione – è la cura negli arrangiamenti, fino ad allora sempre piuttosto scarni e decisamente trascurati: il riffing si fa più tecnico e certosino, mentre gli strepitosi assoli (sentite quello magnifico di “Mass Hypnosis”!) e alcune significanti sezioni melodiche di Andreas Kisser proiettano il gruppo realmente in un’altra dimensione, di certo fra le sorprese dell’anno 1989 e tra i big del genere. La potenza della tracklist di “Beneath The Remains” mantiene elevata la tensione durante l’ascolto e l’headbanging più nevrotico viene automatico al ritmo assassino dei beat di un ancora giovanissimo Igor Cavalera. Difatti, i Sepultura hanno solo vent’anni quando riescono ad irrompere nel Vecchio Continente come fulmine a ciel sereno e canzoni quali la title-track, “Inner Self”, “Slaves Of Pain”, “Stronger Than Hate” e “Primitive Future” diventano presto dei must assoluti: finalmente Max, aiutato anche da Andreas nella stesura e dopo il rodaggio in “Schizophrenia”, riesce a proporre testi interessanti ed orientati su argomentazioni più serie ed introspettive, vuoi che si tratti di guerra, pazzia, morte o quant’altro. Difficile perciò estrapolare una singola traccia per rappresentare la spettacolare interezza dell’album: di sicuro “Inner Self” risulta essere a tutt’oggi il brano più longevo ed il più eseguito dalla band durante i concerti. Cosa dire ancora su questo disco fondamentale per la carriera dei carioca e per tutto il movimento metal estremo? Da avere assolutamente e da riascoltare ogni qualvolta la nostalgia per questi Sepultura si fa sentire in modo troppo doloroso. Capolavoro.