7.5
- Band: SERENITY
- Durata: 00:45:49
- Disponibile dal: 03/11/2023
- Etichetta:
- Napalm Records
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Attivi da due decadi, i Serenity sono una band che ha attraversato una carriera un po’ a fasi alterne, con la conseguenza di non essere mai riuscita davvero a sfondare, anche se da qualche tempo sta vivendo un’autentica rinascita, coincisa più o meno con l’ingresso in line-up del bassista Fabio D’Amore, il quale ha contribuito certamente ad apportare un importante contributo al rinnovamento del gruppo, seguito poi dall’innesto dei due chitarristi, prima Christian Hermsdörfer (Beyond The Black, ex Vision Of Atlantis) e poi Marco Pastorino (Temperance, Virtual Symmetry, Fallen Sanctuary ecc.).
La band ha così realizzato una serie di album senz’altro molto validi, di solito d’ispirazione storica, così come è avvenuto nel caso degli ultimi due, “Lionheart” e “The Last Knight”, entrambi ambientati in epoca medievale. Stavolta, il gruppo italo-austriaco opta per un approccio un po’ diverso: i brani sono perlopiù ispirati infatti alla vita e alle opere del pittore tedesco Albrecht Dürer, ma tutto sommato i testi e le ambientazioni risultano più vari, per quanto comunque non manchino neanche stavolta riferimenti decisamente medievali, come nel caso di “Soldiers Under The Cross”.
Si parte decisamente alla grande, dopo la solita breve intro, con “The Fall Of Man”, dove compare in veste di guest un – come sempre – ottimo Roy Khan (Conception, ex Kamelot): il brano (riproposto peraltro alla fine della tracklist in versione puramente orchestrale, senza le parti metal) anticipa in qualche modo quelle che saranno le coordinate stilistiche del disco, tendenzialmente più sinfonico rispetto agli standard della band (che comunque ha sempre curato in maniera più o meno preponderante, a seconda dei casi, le orchestrazioni), con squisite melodie, una grande cura per gli arrangiamenti; ma anche con bei cori, sia magniloquenti sia con linee vocali di supporto alla voce solista di Georg Neuhauser: una soluzione, quest’ultima, quasi ovvia, se si considera che la band può avvalersi di altre due splendide voci come quelle di Marco Pastorino e Fabio D’Amore, che permette di sperimentare così soluzioni vocali molto varie ed efficaci.
Tra gli highlight dell’album menzioniamo senz’altro ottimi brani come “Ritter, Tod Und Teufel (Knightfall)”, “Nemesis” o “The End Of Babylon”, dove la band riesce a mescolare al meglio tutte le proprie qualità, in un mix davvero irresistibile di melodia, potenza, splendidi intrecci vocali e magniloquenti orchestrazioni, talvolta con atmosfere un po’ dark (che in qualche modo ci hanno fatto pensare proprio ai Kamelot dell’ultimo periodo con Roy Khan) oppure, al contrario, molto ariose e accattivanti.
Una menzione a parte va fatta poi per “Reflections (Of AD)”, un brano davvero molto bello, che ci ha persino sorpresi per la sua capacità di cambiare temi ed atmosfere, dove le note sembrano attingere da una tavolozza ricca di colori e sfumature pronte per essere impresse su una tela, come scaturendo da uno dei dipinti di Dürer. Etereo e quasi commovente “Crowned By An Angel”, ma nel finale c’è un altro bel pezzo melodico, “The Sky Is Our Limit”, che si chiude peraltro con un coro di voci bianche.
A conti fatti, non possiamo dire che i Serenity inventino nulla, però dobbiamo riconoscere come siano riusciti nel corso del tempo a rimanere forti e a crescere nella loro identità, nel loro stile, costruendo un loro sound ben preciso, che oggi viene proposto con grande professionalità, nel pieno della loro maturità artistica. Tirandoci fuori da discussioni che riteniamo alquanto sterili sul fatto che un determinato album possa risultare troppo melodico o più duro rispetto ad un altro o troppo sinfonico e così via, riteniamo che, con “Nemesis AD”, i Serenity abbiano realizzato semplicemente un disco godibilissimo, abbastanza equilibrato nelle sue varie parti e con diverse soluzioni interessanti, capace di conquistare ascolto dopo ascolto.