7.0
- Band: SETH
- Durata: 00:42:20
- Disponibile dal: /09/2004
- Etichetta:
- Avantgarde Music
- Distributore: Masterpiece
Dopo gli ottimi responsi ottenuti con il precedente “Divine X”, i francesi Seth cambiano label – passando dalla connazionale Osmose alla nostrana Avantgarde Music – e si ripresentano al grande pubblico con questo “Era Decay”, quarto full length album della loro carriera. Il quintetto guidato dal chitarrista/compositore Heimoth continua a dedicarsi ad un black metal piuttosto melodico, non troppo lontano da certe cose dei Dissection o degli ultimi Emperor. Come però è ormai noto, i Seth non sono affatto una band-clone (né lo sono mai stati)! Nonostante il sound di “Era Decay” infatti si riveli sicuramente influenzato da quello dei succitati gruppi si è ben lungi dall’affermare che si tratti di una sbiadita copia di quanto già ascoltato in precedenza da altri! Grazie alla grande tecnica e alla classe dei musicisti coinvolti, entrambe fuori discussione, a una produzione parecchio moderna e ad alcune spruzzatine di elettronica ben amalgamate nel tessuto sonoro, pur non gridando al miracolo si riesce infatti a parlare tranquillamente di uno stile Seth! Magari anche per il rifferama: sempre serrato ma anche ben definito, massiccio e memorizzabile… sempre più debitore di stilemi death-thrash che black metal e a volte persino quasi di stampo metal anni Ottanta! Scelte magari insolite che però non devono essere viste come sinonimo di orecchiabilità: come in “L’Excellence” e in “Divine X” (album dei quali “Era Decay” si dimostra il più che ovvio successore) il legame con il black è ben garantito dalla voce, più che mai ortodossa, e soprattutto dalle atmosfere e dalle melodie utilizzate, assolutamente lugubri e maligne. Si mischiano tradizione ed elementi estranei al genere nel tentativo di rendere la proposta il più varia e di impatto possibile e i Seth in questo riescono benissimo, giocando con arpeggi e con ritmiche cadenzate senza però perdere di vista quella cattiveria che in questo genere rimane un elemento imprescindibile. La tracklist si rivela dunque solida e ben assortita, con una menzione obbligatoria per la bellissima opener “March Of The Consistory”; l’unico appunto che ci si sente di fare a Heimoth e soci è che forse questo nuovo opus non aggiunge tantissimo a quanto già si conosce di questa band. Il disco è senz’altro bello e piacevole ma ci saremmo aspettati almeno una piccola evoluzione dopo già due lavori assestati più o meno sullo stesso stile. Per tutto il resto comunque, come detto, nulla da obiettare, e infatti il voto che i nostri si meritano altri non è che un bel ‘setth’ (e dopo questa il sottoscritto corre ai ripari!)!