7.0
- Band: SEVEN SPIRES
- Durata: 01:04:13
- Disponibile dal: 04/08/2017
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I Seven Spires presentano il loro primo album, intitolato “Solveig”. La band americana definisce la propria musica come ‘theatrical metal’, per indicare come il proprio stile sia appunto molto teatrale, intriso di avvolgenti atmosfere ricche di pathos. In effetti, l’opera è pure divisa in due atti, il primo dei quali (che si conclude con la settima traccia), in verità era già stato pubblicato come EP dalla band già nel 2014. Nel frattempo, la talentuosa cantante Adrienne Cowan, vera e propria punta di diamante del gruppo americano, si era già fatta conoscere al pubblico europeo nel recente album dei Light & Shade: proprio grazie a quel disco, abbiamo imparato ad apprezzare appunto la straordinaria vocalità di Adrienne, che si è rivelata davvero eccezionale nell’adattare la sua voce, ora dolce ed incantevole nei passaggi più suadenti ed ammalianti, ora potente e rabbiosa in quelli più aggressivi, senza trascurare quando fa addirittura ricorso a vere e proprie extreme vocals. Proprio in quell’occasione, abbiamo, tuttavia, altresì notato la sua tendenza, spesso, un po’ a “strafare”, a fare quasi sfoggio di questa sua irruenta (per non dire debordante) versatilità. Un aspetto, questo, che inevitabilmente si riscontra anche in questo disco dei Seven Spires, a nostro avviso comunque più nella seconda parte che non nella prima. Mentre, infatti, nelle prime tracce (salvo qualche eccezione, come la splendida “The Cabaret Of Dreams”), la band rimane più vicina principalmente ad un metal melodico o ad un power/speed dalle tinte sinfoniche, nella seconda parte della tracklist prova maggiormente a sperimentare soluzioni diverse, giocando proprio sulle qualità della Cowan, che spesso e volentieri alterna il cantato in chiaro con il growl. Ad ogni modo, “Solveig” è un disco tutto sommato alquanto vario ed interessante, che spazia dal tipico midtempo come “100 Days” a una lunga suite come “Burn”, ma dove possiamo dire che la band riesce a mettere tanta carne al fuoco, seguendo un po’ anche quelli che possono essere gli spunti che fungono da trama al concept. Il finale è affidato alla strumentale “Reflections”, una traccia orchestrale che riprende i principali temi ascoltati nel corso della tracklist: a tal proposito, si potrebbe osservare come, magari, in mezzo a tale varietà, non sarebbe stato male tirare ogni tanto le fila del discorso e fare un po’ di ordine, mentre così l’ascoltatore rischia di restare in qualche misura disorientato, specialmente durante i primi ascolti. Ad ogni modo, “Solveig” è senz’altro un buon disco d’esordio, che conferma tutto il talento della Cowan ma che dimostra, altresì, come alle sue spalle ci sia una valida band, in grado di valorizzarla e di scrivere buone canzoni. Segnaliamo, infine, come il mixing ed il mastering siano stati curati dalla premiata ditta Sascha Paeth & Miro e, in effetti, possiamo dire che, in tal senso, si avverte la loro mano un po’ in tutto il disco.