7.5
- Band: SEVENDUST
- Durata: 00:44:23
- Disponibile dal: 26/03/2013
- Etichetta:
- 7 Bros Records
Spotify:
Apple Music:
Dopo un’assenza ‘record’ di tre anni – durante la quale si sono dedicati ai loro progetti paralleli: da una parte i Call Me No One per il chitarrista Clint Lowery e il batterista Morgan Rose, dall’altra i Projected per l’altro chitarrista Connelly e il bassista Vinnie Hornsby -, è tempo per i Sevendust di tornare in pista con “Black Out The Sun”, nono lavoro sulla lunga distanza in sedici anni di onorata carriera nella scena mainstream hard-rock a stelle e strisce. Diciamo subito che la pausa e/o la collaborazione con altri musicisti sembra aver fatto bene al quintetto di Atlanta, atteso al varco dopo il mezzo passo indietro di “Cold Day Memory” (tanto gradevole quanto prevedibile), e tornato più carico che mai, ovviamente senza snaturare il tipico 7Dust sound. Che il nuovo album avesse un qualcosa di più oscuro lo si poteva intuire già dal cover artwork, e la conferma arriva subito, dopo la breve intro strumentale “Memory”, con la potentissima opener “Faithless”, dove le chitarre tornano a ruggire, le pelli a tuonare, il basso a pompare e le linee vocali ad intersecarsi come non si sentiva da un po’ di tenpo a questa parte. Il livello si abbassa purtroppo con la fin troppo rabbiosa “Till Death” (che ci riporta indietro ai tempi di “Alpha”, peccando però in termini di spontaneità) e con la marcetta di “Mountain”, ma da qui in poi il dischetto prende definitivamente il volo, pur facendo affidamento quasi esclusivamente sulla voce pulita di Lajon. Tra ritmiche liquide assassine (“Cold AS War”), tensioni al limite del grunge (la title track), scatti nevrotici (“Nobody Wants It”), trottate ritmiche guidate dal miglior Morgan Rose (“Dead Roses”), trame oscure come una puntata di True Detective (“Decay”), risalite inferno – paradiso nel passaggio strofa- chorus (“Dark AM”), capriole melodiche (“Picture Perfect”), arpeggi da saloon (“Got A Feeling”), e atmosfere post-apocalittiche degne di Terminator (“Murder Bar”), ogni singolo pezzo ha una sua storia, aumentando la longevità del disco anche per chi li segue dagli esordi. Anche stavolta, ci si ferma ai piedi del podio “Home”/ “Animosity” / “Seasons”, ma l’eclissi artistica dei Sevendust è ancora molto lontana.