7.5
- Band: SFREGIO
- Durata: 00:34:03
- Disponibile dal: 23/02/2024
- Etichetta:
- Nadir Music
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“Nessuno si incula le tue recensioni…”. Offesi, toccati nel profondo della nostra professionalità/passione, avremmo potuto gettare carta e penna, evitando di proseguire nel nostro operato. E invece, l’irriverenza degli Sfregio, fastidiosa e pungente, travalica la semplice accusa di qualunquismo che si potrebbe benissimo appioppargli, riuscendo a tessere una velenosissima ragnatela sulla quale la malmignatta di turno, “Malmignotta” nel nostro caso, si diverte ad intrappolare e stordire le nostre orecchie a suon di thrash’n’roll (e non solo).
La malmignatta, per chi non la sapesse, è l’altro nome della vedova nera mediterranea, potenzialmente letale per l’uomo; nel nuovo lavoro degli Sfregio, invece, il secondo dopo la reunion del 2021, di pericoloso e molesto vi sono le parole al vetriolo lanciate a destra e a manca dal cantante e chitarrista Seth. Non vi è politicamente corretto che tenga nei testi seminati lungo i nove brani di “Malmignotta” (compresa la strumentale “你真他妈的傻逼”, cercatevi pure la traduzione), e bollare il tutto, come spesso accade, con un riduttivo e generico ‘demenziale’, non sarebbe corretto nei confronti del quartetto ligure, il quale, questa volta, ha allargato il cerchio degli argomenti affrontati, andando oltre il classico trittico sesso, droga e rock’n’roll.
Gli Sfregio ci portano tra le strade di Genova, nei vicoli in particolare, sporgendo una personalissima denuncia, per nulla velata, dello stato di degrado in cui versa il “Vico dei Cartai”. Seth e compagni puntano il dito contro il consumo esasperato della “Plastica”, destinata a rivestirci da capo a piedi, scagliano strali e simpatiche imprecazioni divin-biologiche nei confronti di coloro che sposano in toto la scelta “Bio”, si lanciano a capofitto, raggiungendo il borderline accusatorio, sulle attività commerciali promosse dai “Cinesi” presenti sul territorio.
Ci sono quindi un paio di brani riservati ai cosiddetti ‘uomini-zerbino’, passati in poco tempo dal sogno della scarpa col tacco della propria fidanzata, con tanto di serate dedicate al dolce su e giù (cit. Alex De Large), all’incubo della “Ciabatta e Spazzolino” e a quegli uomini rimasti imprigionati dalla terribile “Psycho Figa”. A chiudere l’invettiva, ci pensa una divertente pseudo-intervista al batterista Ylme, apripista della conclusiva “Non Rompere i Coglioni”, destinata ai tuttologi in generale e al pressapochismo che pervade molto spesso la critica musicale. Nella loro voluta esagerazione, i quattro di Genova ci azzeccano anche in diversi punti e la sorpresa, o indignazione, nell’ascoltare certe volgarità deriva, forse, dal fatto che siano proclamate direttamente nella nostra lingua; perchè finchè il cantato è inglese è tutto molto figo; quando allora i contenuti vengono spiattellati nel nostro verbo, ecco le mani che si alzano pronte a censurare e ad obbiettare.
Non vi sono infine discussioni circa la qualità della musica messa in campo dalla band genovese. Se la ciabatta del pezzo di apertura va a nozze con lo spazzolino su una base di speed metal di chiaro stampo Motörhead, con “Vico dei Cartai” entra in scena il versante punk degli Sfregio. E’ invece l’oscura “Psycho Figa” a farsi largo con un heavy classico, vicino ai lidi di una NWOBHM ariosa e ‘delicata’, soprattutto in sede di refrain, prima che uno stacco alla “The Rime Of The Ancient Mariner” (con i dovutissimi paragoni del caso) porti la melodia su quei fili velenosi tessuti dalla pericolosa donna-ragno. Sonorità più leggere sostenute ulteriormente da “Plastica”, lasciando quindi che la temibile “Cinesi” ci porti all’interno di un pezzo votato ad un thrash il cui assalto sembra ricalcare quello cementificato da Sodom e simili, trovando una versione un pochino meno grezza nella successiva “Bio”. La tavolozza stilistica di Seth e compagni completa infine il quadro con l’hard rock-blues di “Non Rompere i Coglioni”, dimostrando la versatilità di genere della band.
Ennesimo sfregio per gli Sfregio; in onore ai benpensanti.