SHADY LANE – There And Back

Pubblicato il 11/03/2025 da
voto
6.5
  • Band: SHADY LANE
  • Durata: 00:45:58
  • Disponibile dal: 14/03/2025
  • Etichetta:
  • Underground Symphony

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Gli Shady Lane sono un gruppo completamente italiano, nato a Torino dalla mente del chitarrista Salvo Vecchio a cui si è unito, pochi mesi dopo, il basso di Luca Bernazzi. Nonostante la data di nascita della compagine sia relativamente recente (parliamo della seconda metà del 2024), la band è riuscita a dare alla luce l’album d’esordio dal titolo “There And Back” soltanto pochi mesi dopo l’inizio del proprio percorso musicale.
Il primo lavoro discografico degli Shady Lane si pone come un concept album caratterizzato da molteplici influenze che spaziano dal prog dei Dream Theater a quello dei Queensryche, senza disdegnare alcuni elementi chiaramente rubati dal mondo power che bene si incastrano con la voce chiara e squillante del cantante Roberto Quassolo.
Il concept, ispirato dalla figura di Arthur Conan Doyle, descrive un viaggio dell’autore che si sviluppa tra l’Italia e gli Stati Uniti e apre con “Hiding Our Fears”, un brano dal forte sapore power, tanto da sembrare uscito da un album degli Avantasia e piuttosto adatto a ricoprire il delicato ruolo del pezzo di apertura.
La creatività della band sembra espandersi già con “Modern Decadence Mirror”, un pezzo decisamente più progressive rock, dotato di una batteria articolata e una chitarra dal sapore orientaleggiante, capace di saltare tra i sapori heavy dell’intro a quelli più delicati di un pre-ritornello semiacustico; da sottolineare anche l’utilizzo di effetti vocali che tendono a dare un effetto da radio d’epoca ad un pezzo che si presta bene a sperimentazioni del genere.
Il tempo che si muove veloce ed inesorabile è il tema principale di “Seasons”, anch’esso un brano dal taglio rock progressive, contornato questa volta da un alone oscuro e pessimistico – vagamente nello stile dei Vanden Plas – e rotto nel mezzo da un solo di chitarra che si rincorre con la tastiera frenetica di Antony Elia, prima di cambiare radicalmente stile e trasformarsi in un brano aspro e rabbioso, spesso intervallato da pezzi recitati, capaci di creare un puzzle abbastanza destrutturato ma complessivamente piacevole.
Se la prima parte dell’album aveva regalato degli spunti interessanti, non si può dire lo stesso dei rimanenti brani, i quali invece tendono a perdere il mordente mostrato nella metà iniziale: ascolto dopo ascolto si nota come alcuni riff tendano a ripetersi con l’incedere delle tracce, e sembra che la band proponga soluzioni ritmiche meno ispirate e, a tratti, quasi telefonate.
Brani come “The Great Unknown” provano a prendere il ruolo della ballata non riuscendo del tutto in questo compito – e arrivando a ricordare “Solitary Shell” dei Dream Theater, ma con una struttura alquanto ripetitiva e un po’ monotona. Discorso analogo può essere fatto per “Shed Light”, che si pone a metà strada tra la power ballad e un pezzo più sinfonico con delle tastiere molto ariose, in grado di generare un bel tappeto di suoni, su cui però le chitarre camminano in maniera poco ispirata e sfogano in soli decontestualizzati, che suonano spesso come dei meri esercizi tecnici.
Volendo proporre delle aree di miglioramento, possiamo sicuramente dire che – considerata la struttura di concept che l’album doveva seguire – sarebbe stato bello creare una tematica musicale, e provare a narrare la storia tramite leitmotif oppure temi particolari relativi ai personaggi o ai luoghi in cui il racconto si ambienta; un approccio del genere avrebbe dato, ad opinione di chi scrive, un senso di maggior coesione e gettato le basi per il secondo atto del concept, già annunciato dagli Shady Lane.
Alla fine, “There And Back” risulta un album che passa di certo il battesimo del fuoco ma pecca un po’ di eccessiva sicurezza, dando quasi l’impressione che alcune idee e alcune soluzioni stilistiche avrebbero dovuto essere rodate un po’ di più da una band che, alla fine dei giochi, suona insieme soltanto da un anno.
Apprezziamo sicuramente il coraggio ma ci sentiamo comunque di dire che esordire con un concept album diviso su due atti rappresenta forse un salto parecchio ampio, il quale spinge la compagine un po’ troppo oltre la fisiologica zona di confort che ogni artista degno di questo nome dovrebbe provare – con i giusti tempi – ad abbandonare.

TRACKLIST

  1. Hiding Our Fears
  2. Modern Decadence Mirror
  3. Seasons
  4. Ashes In My Hands
  5. Drag Me Into The Nightmare
  6. The Great Unknown
  7. Shed Light
  8. The City
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