7.5
- Band: SHAI HULUD
- Durata: 00:41:53
- Disponibile dal: 27/05/2008
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Hanno ispirato la maggior parte dei grandi nomi della scena metal-core et similia (Misery Signals, Between The Buried Ad Me, Unearth…), hanno pubblicato due album fondamentali per il genere, eppure non sono affatto sulla bocca di tutti. Pazienza, pare che agli Shai Hulud vada bene così… del resto, loro stessi si definiscono un branco di cinici e reietti e la loro musica non ha mai presentato un singolo accenno di concessione al mainstream o alla semplicità. Anche in tempi di metal-core dilagante, dove basta piazzare un breakdown qua e là per vendere qualche migliaio di copie, gli Shai Hulud continuano ad andare per la loro strada, facendo onore al loro storico nome con un disco – il primo per Metal Blade Records – che presenta tutti i classici trademark di album come “Hearts Once Nourished with Hope and Compassion” e “That Within Blood Ill-Tempered”. Se non fosse per una produzione al passo coi tempi, “Misanthropy Pure” sarebbe potuto uscire sette/otto anni fa. Questo nuovo lavoro, a livello stilistico, si pone infatti a metà strada fra i due suddetti dischi, prendendo dal primo i toni e le spigolosità un po’ più metalliche e dal secondo le strutture marcatamente progressive, i cambi di tempo continui e temerari, i pazzeschi intrecci di chitarra. Oggi dietro al microfono troviamo l’esordiente Matt Mazzali, ma il suo screaming hardcore è perfettamente in linea con quello dei suoi predecessori, dunque aggiunge poco alla collaudata proposta della band. Le menti dietro quest’ultima sono sempre Matt Fox e Matthew Fletcher, di conseguenza tutto suona Shai Hulud al 100%, con buona pace di coloro che – considerati i cinque anni trascorsi da “That Within…” – si aspettavano magari un qualche tipo di evoluzione. Ma gli Shai Hulud erano una band “avanti” oltre dieci anni fa, loro e pochi altri hanno inventato il termine metal-core, quindi non è certo da Fox e soci che si dovrebbero pretendere vere novità, tanto più che ancora oggi il loro sound rimane unico, visto che è difficilissimo imitarlo. Certo, su “Misanthropy Pure” è facile imbattersi in soluzioni già ampiamente usate in passato, ma se la tracklist intrattiene e convince, dove sta il problema? Episodi come la title track, “Four Earths” e “Cold Lord Quietus” hanno il fascino dei classici… i fan della band sono avvisati!