SHAPE OF DESPAIR – Return to the Void

Pubblicato il 22/02/2022 da
voto
8.0
  • Band: SHAPE OF DESPAIR
  • Durata: 00:57:15
  • Disponibile dal: 25/02/2022
  • Etichetta:
  • Season Of Mist

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Ogni nota, una lacrima. Ogni colpo di doppia cassa, un punto sulla pagina di un diario colmo di rimpianti. A sette anni dal magnifico “Monotony Fields”, disco che ne aveva sancito una volta per tutte la grandezza all’interno dello scenario doom metal mondiale, gli Shape of Despair si riaffacciano sul mercato con un nuovo carico di tristezza e struggimento interiore, rispondendo all’ottima prova dei connazionali Skepticism di qualche mese fa e lanciando un guanto di sfida agli altri esponenti del genere per il resto del 2022. D’altronde, la classe e l’autorevolezza del gruppo di Helsinki difficilmente sono mai state messe in discussione (ad eccezione di una lieve fase di appannamento all’epoca di “Illusion’s Play”), e i sei capitoli di “Return to the Void” sono qui apposta a dimostrarlo, suonando nella maniera in cui sarebbe lecito aspettarsi da questo totem del sottogenere funeral. Eppure, al netto di uno stile riconoscibilissimo diventato con il passare del tempo di ispirazione per un vasto numero di gruppi, il suono racchiuso fra le pieghe brumose della raccolta sa anche di leggero cambiamento per il sestetto, di tentativo (riuscito) di dare alla propria musica un taglio più morbido e diretto.
Non sappiamo di preciso quanto il tocco di Svante Forsbäck (Amorphis, Ensiferum, Finntroll) in cabina di regia abbia contribuito a questo ‘ingentilimento’, ma sta di fatto che, fin dall’opener/titletrack, quelli che sentiamo sono gli Shape of Despair più puliti e rifiniti di sempre; una band conscia del suo ruolo e perfettamente padrona della situazione, alle prese con un flusso malinconico in cui le melodie dolenti che l’hanno resa celebre affiorano in modo a dir poco cristallino e dove l’incedere delle strutture è tendenzialmente meno ossessivo che in passato, nell’ottica di un sottile gioco di dinamiche e stratificazioni ottenuto anche grazie a puntuali inserti di synth.
All’improvviso, è come se la componente funerea dei Nostri – radicata nella migliore tradizione doom della terra dei mille laghi – avesse trovato il modo di congiungersi allo spirito della vecchia triade Peaceville o dei Katatonia di “Brave Murder Day”, per un risultato finale tanto maestoso e cupo quanto fluido e impattante. Non a caso, una figura fin qui reputata ‘di contorno’ come la cantante Natalie Koskinen oggi è messa più che mai in risalto, non limitandosi a qualche coro sporadico e rubando persino la scena al growling viscerale di Henri Koivula in diversi episodi (“Solitary Downfall” su tutti). Il quadro complessivo resta insomma afflitto e desolato, di pari passo al dipinto in copertina, ma gli strumenti adoperati per dipingerlo consentono alla tracklist di non sembrare un monolite insormontabile, distillando riff memorabili ed evoluzioni degne di questo nome per tutta l’ora scarsa dell’ascolto.
Dopo averci fatto piangere – tra le altre cose – con “The Will” dei Counting Hours, Tomi Ullgrén e Jarno Salomaa confezionano insomma il degno seguito di un’opera particolarmente fortunata e incisiva, ribadendo con composizioni del calibro di “Forfeit” e “The Inner Desolation” il loro struggente stato di forma. Difficile ignorare un simile lutto.

TRACKLIST

  1. Return to the Void
  2. Dissolution
  3. Solitary Downfall
  4. Reflection in Slow Time
  5. Forfeit
  6. The Inner Desolation
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