6.5
- Band: SHATTERED HOPE
- Durata: 01:19:36
- Disponibile dal: 24/02/2014
- Etichetta:
- Solitude Prod.
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Il 2014 ci ha regalato una nuova infornata di uscite di durata smisurata e sgorganti poetico pessimismo da parte della Solitude Productions, casa madre di una bella fetta di band dedite alle sonorità più affrante in circolazione. Gli Shattered Hope, formatisi nel 2002 e qui alla seconda pubblicazione sulla lunga distanza, arrivano da quella Grecia che anche in tempi recenti ha dato tanto alla causa dell’extreme metal, e ricalcano in buona parte della nuova release gli insegnamenti di My Dying Bride e primissimi Anathema dal lato gothic/doom di concezione nineties, e di Evoken, Mourning Beloveth, Shape Of Despair sul versante funeral. Da queste celebrità del metal tolgono una buona parte delle asperità death, per concentrarsi sul modo in cui le gloriose entità citate sono solite plasmare le melodie e annodare tra di loro arie tastieristiche e riff profondi e levigati. Le poderose tracce presentate ci danno il quadro di un gruppo consapevole dei propri mezzi espressivi e che, pur essendo abbastanza genuflesso a spartiti spulciati in tutte le salse dai grandi nomi di funeral e gothic/doom, sa mantenere viva l’attenzione su minutaggi sterminati. Il miglior espediente a disposizione degli Shattered Hope è l’accompagnamento delle voci sospirate del singer Nick alle tastiere tra il pianistico e l’ambient di Eugenia; per far emergere un gusto compositivo libero da dogmi ed imposizioni i greci devono necessariamente ridurre l’impatto delle chitarre, comunque mai troppo crude né massacranti, e procedere come se sfiorassero e blandissero l’ascoltatore, piuttosto che travolgerlo e sotterrarlo. Hanno bisogno in poche parole di rifugiarsi in sentimenti tra il romantico e il decadente, raccontando un dolore ormai compreso nei suoi tratti essenziali, accolto ed assimilato, narrato con la triste calma di chi è conscio dell’ineluttabile e vi si è ormai rassegnato. E’ emblematica in questo senso “My Cure Is Your Disease”, le cui sezioni più intriganti sono proprio quelle soggette agli umori rarefatti e gentili, mentre le voragini aperte nel tratto centrale del pezzo, con una cavalcata che ha nei My Dying Bride i propri mentori, sono sintomo di una buona preparazione anche sul versante death, ma non di una vera brillantezza in tale campo. “Here’s To Death” mostra la stessa dicotomia riuscita solo in parte, calamitando e ipnotizzando nella fase digradante, con un’indovinata alternanza riff drammatico-tastiere ambient, e lasciando viaggiare su un discreto tran tran intriso di gotica grandeur il resto della traccia. Anche nelle altre composizioni respiriamo un che di incompleto e di imperfetto, non sentiamo nulla di sbagliato o fuori posto, semplicemente certe soluzioni “girano” per troppo tempo, si cambia passo con un po’ di ritardo, il batterista tiene il tempo senza sforzarsi di inventare qualcosa, la voce accusa cali di tono sulle tonalità meno profonde. Piccoli dettagli qua e là, perché il disco è tutt’altro che brutto, ma al netto di una resa totale assolutamente accettabile si stenta a stare su alti livelli per l’intera durata di “Waters Of Lethe”. E si rimane allora nel limbo di coloro che son sospesi. Servirebbe uno studio più accurato delle dinamiche, discorso che può suonare strano per il funeral doom, ma che diventa essenziale quando non si è in grado di essere così ficcanti su tempi monolitici. I toni marziali che irrompono a un certo punto in “Convulsion” e le dissonanze di sottofondo introdotte quando monta la tensione sono due esempi di quello che andrebbe diffuso con maggiore coraggio nelle singole tracce. Per ora ci sentiamo di andare cauti nel consigliare gli Shattered Hope a chiunque, abbiamo però la sensazione che i greci abbiano discrete carte da giocare per il futuro, mentre per i devoti cultori del catalogo Solitude Productions potrebbero essere già adesso un ascolto degno di nota.