7.0
- Band: SHE SAID DESTROY
- Durata: 00:53:47
- Disponibile dal: 15/10/2021
- Etichetta:
- Mas-Kina Recordings
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Chi non è esattamente di primo pelo ed era solito seguire il circuito underground scandinavo nei primi anni Duemila (se non prima), forse si ricorderà dei norvegesi She Said Destroy, realtà che in poco più di un decennio diede alle stampe svariati demo, un paio di album e un EP, oltre a tenere concerti di spalla anche a nomi di primissima fascia come gli Emperor. Dopo quasi dieci anni di silenzio, il gruppo, oggi divisosi fra Norvegia e Lituania, ritorna con un nuovo album che a quanto pare contiene una serie di brani composti e registrati in vari momenti fra il 2007 e il 2019, quando il gruppo non aveva in mente un disco o un concept specifico. “Succession”, ancora più dei suoi predecessori, va quindi a toccare molteplici stili e registri, mettendo in mostra anche leggere differenze a livello di produzione fra un pezzo e l’altro, a sottolineare ulteriormente come l’album sia a tutti gli effetti una raccolta di episodi risalenti a diverse epoche del percorso di questi musicisti. In passato i She Said Destroy si erano fatti notare per il loro eclettismo e il loro approccio sperimentale prima ancora che il tag “post” divenisse comune pure in ambienti black o extreme metal; “Succession”, viste le premesse, spinge a maggior ragione sul carattere avanguardistico e multiforme del gruppo, mettendo insieme arie post hardcore/metal, derive black metal, una forte impronta groovy nei midtempo e chi più ne ha più ne metta.
L’operazione si rivela affascinante in ampi tratti e un filo macchinosa in altri, ma, con una lavorazione durata oltre un decennio, ciò era da mettere in conto. In ogni caso, anche nel 2021, la band riesce a farsi notare per la sua elegante vena melodica, mai facilmente inquadrabile e davvero evocativa quando lasciata libera di condurre o concludere il pezzo – vedi “To Ourselves The World Entire” o il finale di “Not Only Bridges”. Quando invece si punta sull’impatto, il riffing di chitarra può ricordare i Gojira, mentre con “Sharpening the Blade” e la titletrack ci si trova davanti a una sorta di black metal dall’impronta euforica, con contrasti sempre più audaci nell’interplay fra chitarre e sezione ritmica.
Difficile che ogni brano colpisca allo stesso modo, ma quel che è certo è che con “Succession” si torna ad alzare il sipario sulla carriera di un gruppo coraggioso, qui intento a consolidare anni e anni di bozze, prototipi ed esperimenti senza fare troppi calcoli. Una compilation dall’ascolto non facile, dunque, satura di stranezze e di rimandi stilistici peculiari, che merita decisamente un certo livello di attenzione per essere ben compresa e assimilata, anche per coloro che hanno già una certa familiarità con l’eccentrico universo She Said Destroy.