7.5
- Band: SHE SAID DESTROY
- Durata: 00:40:59
- Disponibile dal: /06/2009
- Etichetta:
- Tabu Recordings
- Distributore: Audioglobe
Pubblicato (un po’ in sordina, a dir la verità) nel Vecchio Continente dalla Tabu Recordings, che lo ha “strappato” alla Candlelight Records, il secondo full-length del quartetto norvegese She Said Destroy ci appare come un interessante esempio di (death?) metal tecnico e multiforme. Un universo sonoro bizzarro, che si esprime tramite composizioni che nascondono sempre qualcosa di imprevedibile, in cui melodie stralunate vengono accompagnate da un riffing affilato e vari tecnicismi. Un album in cui la tradizionale struttura della canzone viene messa in discussione e l’attitudine nervosa del songwriting sembra prevalere a vantaggio di forme a tratti molto sconnesse, che esulano da schemi prestabiliti. Difficile trovare dei veri e propri termini di paragone… da una parte i She Said Destroy rileggono con il loro piglio eclettico l’efficacia delle cavalcate in doppia cassa dei Death, da un’altra rivisitano in una chiave più agile e controllata certe soluzioni cervellotiche care ai Watchtower (un po’ alla maniera dei loro connazionali Extol) e, da un’altra ancora, reinterpretano con disinvoltura la perfezione melodica abbinata a ricercati pattern ritmici di cui oggi i Gojira sono alfieri. La forza di “This City Speaks In Tongues” sta nel suo approccio obliquo alla musica estrema, in cui il rischio di disorientare l’ascoltatore, confuso dalla schizofrenia delle coordinate su cui si muovono i vari brani (“I Love This Place” attacca come un pezzo melodic hardcore e si conclude con un riff degno dei vecchi Satyricon!), trova un buon contrappeso nella buona – se non ottima – qualità delle singole parti/riff. Un album forse un po’ troppo eccentrico, tuttavia assai affascinante!