7.5
- Band: SHORES OF NULL
- Durata: 00:38:25
- Disponibile dal: 27/11/2020
- Etichetta:
- Spikerot Records
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Gli Shores Of Null, dopo l’exploit qualitativo ed il successo di critica e fan ottenuti con la pubblicazione del favoloso debutto “Quiescence” (2014), erano tornati di prepotenza a farsi sentire tre anni fa con il successivo “Black Drapes For Tomorrow”, sempre edito tramite Candlelight Records e sempre assestatosi su buoni livelli, seppur non fulgidi e brillanti come quelli del suo predecessore. Certo è, però, che la band nostrana, in pochi anni di attività, è stata capace di bruciare diverse tappe e proporsi quale una delle migliori entità underground in ambito doom-gothic metal, e non solo su scala nazionale.
Forti di una formazione compatta, esperta e ben integrata negli ingranaggi del music-biz metallico, i Nostri, ancor prima dell’esplosione della pandemia di Covid-19, si sono fiondati in studio di registrazione, il Kick Recording Studio di Marco ‘Cinghio’ Mastrobuono (Hour Of Penance, Inno), per mettere su nastro i due-dischi-due concepiti per l’atteso comeback sulle scene. Quasi contemporaneamente, lasciata la prestigiosa, ma ormai dal futuro incerto, Candlelight, gli Shores Of Null sono approdati piuttosto logicamente nel giovane roster della Spikerot Records, l’etichetta gestita dallo stesso vocalist della band, Davide Straccione. Tali le premesse che ci portano di volata a pochi mesi fa, quando la formazione del Centro Italia inizia un certosino lavoro promozionale svelando pian piano la sua nuova opera, quella, fra le due composte, giudicata più adatta da fare uscire ora, considerato il periodo particolarissimo in cui si sta vivendo. Chiaro come il pubblicare un disco contenente una singola traccia di trentotto minuti in un momento storico in cui i concerti sono ridotti pressoché a zero sia una mossa alquanto perspicace e lungimirante; e non ci stupiremmo se la release successiva sarà un disco regolare e piuttosto movimentato, preciso da dare in pasto al pubblico non appena gli eventi live e i tour ripartiranno. Ma non ipotizziamo troppo in avanti e restiamo concentrati sull’abbondante pezzo di musica attualmente a nostra disposizione.
“Beyond The Shores (On Death And Dying)” è il titolo del terzo full degli Shores Of Null, concettualmente ispirato agli studi e agli scritti della psichiatra svizzero-americana Elisabeth Kübler-Ross, il cui libro del 1969, “La Morte e Il Morire” (in lingua originale proprio “On Death And Dying”), introduce, attraverso le sue esperienze con malati terminali, le cinque fasi di elaborazione del lutto, che esso sia la perdita di una persona cara oppure la scoperta individuale dell’essere affetti da una condizione patologica non reversibile: negazione o rifiuto, rabbia, patteggiamento, depressione, accettazione. Ecco i passaggi dell’opera, passaggi che vengono ripresi dal gruppo romano-pescarese in un flusso di emozioni e atmosfere davvero sentito e magistrale, in un lavoro sì ambizioso, ma anche ampiamente alla portata di un gruppo di musicisti che conosce a menadito il genere, i suoi segreti, i suoi punti fermi e le sue difficoltà di gestione compositiva. Già, perché il difficile nella stesura di un album mono-traccia è proprio il mantenere saldo un filo del discorso coerente e legato, senza che troppe parti del puzzle paiano estemporanee o composte al di fuori del canovaccio principale. Ebbene, gli SON riescono nell’impresa di realizzare una canzone ricca, cangiante ed emozionante, solo a piccoli tratti perdente in qualità e che ha il grossissimo pregio di non annoiare mai. Per creare questa organicità di intenti e di valide soluzioni è giusto che ci sia la reiterazione di alcuni passaggi, di qualche riff e di diverse melodie vocali lungo tutto il minutaggio del lavoro.
Impossibile non spendere due parole per gli illustri ospiti che hanno preso parte alle registrazioni in studio, partendo dai vocalist Mikko Kotamäki (Swallow The Sun), Thomas A.G. Jensen (Saturnus), Elisabetta Marchetti (Inno) e Martina Lesley McLean, tutti capaci di integrare il solito encomiabile lavoro di Davide al microfono, chi con profondi growl rallentati, chi recitando, chi fornendo docili voci femminili e chi urlando come un’ossessa stridii demoniaci. Tutto ottimo e abbondante, decisamente, sebbene riteniamo di nuovo la vocalità di Straccione il consueto punto di forza universale della nostra compagine, e almeno un paio di ritornelli epici sono semplicemente eccezionali per l’intensità della melodia. E se in alcuni punti dell’album il dejà-vu è forte – ad esempio l’incipit di tempesta di vento e violino rimanda immediatamente ai My Dying Bride di “The Barghest O’ Whitby” – non bisogna dimenticare come gli Shores Of Null siano fra noi non per inventare chissà cosa, ma per interpretare a modo loro, sensibili, oscuri, melanconici ed aggressivi, un genere che hanno inscritto nel DNA. Il risultato finale, dunque, sorretto da un gran dispiego di forze collaboranti e da una certosina attenzione al dettaglio, è più che soddisfacente ed intrigante, e permette ai nostri portacolori di competere ad armi pari con i mostri sacri della scena, scandinavi o albionici che siano. Bravi e coraggiosi, Shores!