7.5
- Band: SHORES OF NULL
- Durata: 00:54:49
- Disponibile dal: 24/03/2023
- Etichetta:
- Spikerot Records
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La bellezza nell’effimero, il fascino dei dettagli, la transitorietà del nostro tempo mortale e delle cose che lo circondano, la ricerca del positivo nell’imperfezione. Tutte tematiche che rendono un disco profondamente oscuro, malinconico e toccante un manifesto, neanche troppo velato, di serenità e appagamento. Ebbene, il nuovo lavoro degli Shores Of Null si presenta così, con un sottobosco di pulsioni che danno al loro blackened doom-gothic metal un sentore d’alba rischiarante un mattino nebbioso e umido, una goccia di rugiada che raccoglie come prisma la prima luce di giornata per donarci la magia di un inaspettato arcobaleno.
Sembrano volerci dire ciò, i Nostri, con il nuovo “The Loss Of Beauty”, quarto tassello sulla lunga distanza di una carriera fin qui costellata da infinita classe, capacità sopra la media, gusto musicale sopraffino e abilità gestionali da scafati direttori d’azienda. Pare non mancare nulla a Davide Straccione e compari, sempre lucidi su dove e come condurre la loro nave allo sbaraglio negli oceani delle uscite metalliche di questi anni falcidiati da eventi spesso catastrofici. Le idee degli Shores sono state, infatti, sempre dannatamente chiare, lo dimostra il fatto che il platter che stiamo recensendo avrebbe dovuto essere il terzo della loro storia e non il quarto. Fu allo scoppio della pandemia, ad inizio 2020, che la band scrisse di getto (e poi pubblicò al posto del qui presente) l’acclamatissimo album monotraccia “Beyond The Shores (Of Death And Dying)”, lavoro ricchissimo e ambizioso che li ha proiettati di diritto nella ristretta cerchia delle formazioni più importanti uscite negli ultimi anni in ambito dark e/o doom-gothic metal.
E se lo ‘scambio’ di dischi, all’epoca, pareva una mossa logica e quasi scontata, ora che ci ritroviamo tra le orecchie l’album posticipato ci si rende conto di quanto in realtà possa essere stato difficile scegliere di pubblicare oggi della musica scritta quattro anni fa. Per cui, la domanda principale che sovviene alla mente nel dare ascolto per le prime volte a “The Loss Of Beauty” é: questo album è la fotografia degli Shores Of Null attuali oppure no? Noi, in tutta sincerità, propendiamo per il no, per una mera considerazione cronologica, ma è assolutamente vero che il disco suona Shores Of Null a tutto spiano, che è Shores Of Null al 100% e che è frutto di una scelta coerente del gruppo. Quindi stop, amen e proseguiamo.
Musicalmente parlando, “The Loss Of Beauty” riprende il discorso aperto dal secondo “Black Drapes For Tomorrow”, un album che rispetto all’ancora indimenticato ed epico esordio “Quiescence” risultava più complesso e più decadente, difficile da far proprio in breve tempo. Diciamo che tra “The Loss Of Beauty” e “Black Drapes…” c’è meno sbalzo stilistico e meno distanza se paragoniamo il gap a quello presente tra “Black Drapes…” e “Quiescence”. Allo stesso tempo, però, la profondità e lo spessore delle trame e degli intrecci di chitarra qui presenti fanno presagire paradossalmente già ciò che venne dopo, ovvero la monumentale cattedrale gotica concepita per “Beyond The Shores (Of Death And Dying)”. Riassumendo questi concetti un po’ arzigogolati, se ne può dedurre abbastanza facilmente come ci si trovi di fronte ad una sorta di compendio generale del sound Shores Of Null tutto, con un pizzico di malinconia ed epicità in meno del passato e con un maggior livello di raffinatezza e ricerca sonora proiettati verso il futuro. Soprattutto nel riffing – ovvio, i chitarristi Raffaele Colace e Gabriele Giaccari sono i due compositori delle musiche della band – si nota tra le righe un’indefessa ricerca ed esplorazione verso influenze ancor più black-oriented: l’uso sempre maggiore di tremolo-picking e di atmosfere ipnotizzanti, che richiamano in modo abbastanza evidente la foga lancinante degli Harakiri For The Sky, è la prova più chiara del mood chiaroscuro che pervade l’album, ciondolante tra alte velocità di crociera, momenti più riflessivi e massicci sfoghi in slowmotion. Su di una sezione ritmica (Capozucca-Cantiano) rodatissima e sempre puntuale, si avvolge e contorce dunque tutto lo scibile musicale messo su disco dai Nostri, come se l’insieme fosse un immutabile paesaggio di brughiere e colline boscose. Sul quale però, al contrario mutevole e cangiante come un’orda di nuvole dai mille colori, si innesta la splendida voce di Davide Straccione, carico delle sue personalissime armonizzazioni vocali e di una potenza invidiabile. Le linee studiate da Davide per “The Loss Of Beauty”, recanti in esse tutte le sensazioni riportate ad inizio recensione, confermano Straccione come un vocalist unico nella scena, punto di forza imprescindibile degli Shores Of Null: riconoscibile immediatamente nel pulito e devastante nel growl, non sapremmo neanche immaginare un timbro diverso dal suo che possa un giorno dare voce al messaggio della band.
Se proprio dobbiamo trovare il pelo nell’uovo in questo lavoro, si tratta della durata: sommando anche le due bonus track “Underwater Oddity” e l’outro pianistico “Blazing Sunlight”, si raggiunge quasi l’ora di minutaggio con il pressoché inevitabile effetto filler di due-tre brani, soprattutto quando si ascolta per intero il platter gustandoselo dalla prima all’ultima nota. Un tale volume di contenuti provoca così un ondeggiare tra alti e bassi, più alti e meno bassi, che non inficia assolutamente l’apprezzamento dell’intera raccolta ma causa lievi cali di attenzione e un senso di dejà-vu che appiattisce vagamente la fruizione di “The Loss Of Beauty”.
Innegabili il pathos e la grandeur di brani quali “Destination Woe”, “Nothing Left To Burn”, “My Darkest Years” e “A New Death Is Born”, meno memorabili episodi quali “Darkness Won’t Take Me” o “Fading As One”, mentre spiccano per motivi diversi un paio di tracce centrali ottimamente riuscite: “Old Scars”, dotata di un chorus commovente che ci riporta con la mente al debutto, e “A Nature In Disguise”, in cui partecipa Selvans alla voce dando un apporto maggiormente aggressivo e dove le diramazioni blackish paiono rendere di più.
Tirando le somme, possiamo confermare gli Shores Of Null come una realtà di assoluto rilievo nella scena italiana e internazionale, in grado di ben figurare senza troppo ripetersi e di maneggiare la materia doom-gothic metal con sicura maestria. “Beyond The Shores…” e “Quiescence” restano un gradino superiori, ma di questo “The Loss Of Beauty” possono andare più che fieri. Altro centro in casa Shores!