7.0
- Band: SHRAPNEL
- Durata: 00:47:45
- Disponibile dal: 29/09/2017
- Etichetta:
- Candlelight
- Distributore: Audioglobe
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Al thrash… non si comanda. Quello che in più di un’occasione sembrava un genere ormai dato per morto, in realtà sta vivendo alla grande la sua personalissima seconda, terza (o addirittura quarta) giovinezza. Seguendo le letali tracce lasciate a suo tempo dai thrash-master dell’epoca, da ogni angolo del globo, infatti, è un continuo fiorire di nuove realtà a dir poco vogliose di gridare a squarciagola la propria rabbia. Del resto, come si può pretendere che una matrice metal come quella thrash, che fonda il proprio credo musicale e soprattutto lirico sull’indagine sociale, possa chiudere i battenti di fronte ad un mondo come quello odierno, fonte inesauribile d’ispirazione? Una domanda retorica per un’altrettanto breve premessa, utili a presentare la seconda prova degli Shrapnel che, con il loro “Raised On Decay”, vanno a confermare quanto scritto sopra. Attivi dal 2009, i cinque britannici, dopo l’esordio del 2014 targato “The Virus Conspires”, tornano in pista con un’ulteriore dimostrazione di come le nuove leve abbiano imparato alla perfezione le lezioni impartite dai vecchi del mestiere. Pur migliorando a livello di produzione, infatti, la band inglese non varia molto la proposta, propinandoci cinquanta minuti circa di thrash al 100%, chiamando in causa tutti quegli esponenti che hanno fatto la storia del genere da Est (o meglio dal centro) a Ovest di un’ipotetica mappa geo-metal. Su una base prettamente teutonica, Destruction in primis, i nostri non disdegnano rilanci fulminei in Slayer-style, aggiungendoci stacchi più tellurici simil-Overkill. Elementi a stelle e strisce che troviamo sin dall’opener “Hollow Earth” in cui gli Sharpnel ci confermano come uno dei loro primi intenti sia quello di far male ai nostri padiglioni auricolari, oltre al nostro collo… e parecchio. Un cingolato metallico di ‘thrashinanti’ riff aggressivi, smorzati da assoli al fulmicotone, sorretti da una sezione ritmica più che terremotante, creando così un vorticoso avvitamento sonoro. Questo, in sintesi, il prodotto realizzato dai cinque ragazzi di Norwich. Tecnicamente inappuntabili, le pallottole inglesi – Shrapnel appunto – peccano più che altro di originalità tanto che i rimandi ai predecessori più illustri sono all’ordine del brano, lasciando così poco spazio all’individualità; sia dal punto di vista strumentale, sia da quello prettamente vocale: in più di un’occasione, infatti, il singer Joe Hadley sembra accodarsi alle corde vocali dei vari Schmier e Tom Angelripper (ascoltate “Echoes Of Emptiness”). Assodato ciò, non mancano gli episodi che più di altri meritano maggior attenzione: su tutti la ‘sodomizzante’ “Pariah”, la detonante “1.0.1” e la stessa title track, dai tratti più che ‘kreatoriani” (quelli moderni). A chiudere il tutto, inabissando ancor di più una città e quindi una società già allo sfascio (come recita la copertina del full-length) un gentile omaggio a Tom Araya e compagni, modernizzando una “Antichrist” sempre gradita e diabolicamente piacevole. Consigliatissimo agli appassionati, per chi vive di pane e thrash da mattina a sera.