7.0
- Band: SICK SINUS SYNDROME
- Durata: 00:28:44
- Disponibile dal: 22/04/2023
- Etichetta:
- Obscene Productions
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Repubblica Ceca e grindcore rappresentano da tempo un binomio inossidabile. Senza andare a sviscerare nei dettagli il vasto panorama underground locale, da sempre altamente ricettivo nei confronti di queste sonorità, basta pensare al leggendario Obscene Extreme festival – vera Mecca di tutto ciò che è grind, bizzarro e triviale – per ottenere subito indicazioni positive dalla nuova opera dei Sick Sinus Syndrome, cechi di Ostrava in cui militano alcuni veterani della scena, fra cui Martin Bílek, membro fondatore degli storici Malignant Tumour.
Promosso, neanche a dirlo, dalla Obscene Productions, “Swarming of Sickness” è il secondo album di questo trio dedito – come facilmente intuibile – a un gore-grind vecchio stampo nei quali vengono a citati a oltranza realtà come (primi) Carcass e Dead Infection. Parliamo di un filone che, sin dal suo concepimento, non ha mai veramente dato segni di declino, restando anzi una piacevole costante del sottobosco estremo, ma è evidente che negli ultimi tempi la frequenza delle uscite di questo tipo si sia nettamente alzata, dando vita a una sorta di nuova ondata che ha (ri)portato sotto i riflettori tanto i vecchi classici quanto i discepoli più meritevoli.
Seguendo le orme di chi li ha preceduti, i Sick Sinus Syndrome battono il ferro finché è caldo e ci propongono ventuno nuove tracce dove la tradizione viene rigorosamente rispettata tanto a livello di forma quanto di contenuti. Nel suo complesso, “Swarming of Sickness” si rivela tuttavia un lavoro che mantiene alta la media delle sue composizioni, mostrando un pizzico di varietà a livello di ritmiche e strutture e una sua apprezzabile coerenza. Chiaramente, non si va mai molto oltre gli insegnamenti di Bill Steer nel repertorio da lui creato con i primi album dei Carcass, ma, come in ogni ambito, c’è modo e modo di rielaborare e omaggiare. Come accennato, i Sick Sinus Syndrome hanno dalla loro decenni di esperienza nel campo, quindi non sorprende che il disco, nel suo piccolo, rappresenti un buonissimo compendio delle abilità di questi musicisti.
Irresistibili quando puntano sul groove, sfoderando dei riff estremamente orecchiabili, ma altrettanto capaci nelle parti strumentali più sghembe e serrate, i tre portano a casa il risultato con indubbia disinvoltura, confermando un’abilità di compositori che appare ancora integra e soprattutto ispirata. Per chi ha apprezzato la recente prova dei Festerdecay, ecco quindi una succosa appendice per soddisfare tutta la propria fame di gore, death-grind ‘paramedico’, tributo ai classici e compagnia putrida.
