9.0
- Band: SIEGES EVEN
- Durata: 00:47:59
- Disponibile dal: 01/12/1991
- Etichetta:
- SPV Records
- Steamhammer Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
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Forse non molti oggi si ricordano dei Sieges Even, la band dei fratelli Holzwarth, Alex e Oliver, ben noti per le loro innumerevoli collaborazioni, tra cui quelle con Blind Guardian e Rhapsody Of Fire: eppure parliamo di uno tra i gruppi pionieri, nonchè tra i più influenti, del metal prog in Europa, che fu in attività, pur con varie interruzioni, dalla metà degli anni ’80 fino al definitivo scioglimento del 2008, anno in cui il chitarrista Markus Steffen e il cantante di allora, Arno Menses, andarono poi a fondare i Subsignal. Uno degli album più famosi ed apprezzati dei Sieges Even è senz’altro “A Sense Of Change”: pubblicato alla fine del 1991, è composto da otto tracce ed è stato prodotto da Charlie Bauerfeind. La tracklist è alquanto assortita e presenta alcuni brani dalla struttura piuttosto semplice accanto ad altri lunghi e parecchio articolati, nella migliore tradizione prog, ricorrendo spesso a tempi dalla complessa periodicità (d’altronde, la sezione ritmica con Alex alla batteria e Oliver al basso era di altissimo livello) e a divagazioni strumentali, dove si mette in evidenza, altresì, Markus Steffen, chitarrista fortemente influenzato dai Rush; la formazione era completata dal cantante Jogi Kaiser, il quale propone una voce alquanto alta, che punta però più sull’espressività che non su virtuosismi. Il brano di apertura dell’album altro non è che una semplice intro, che però mette subito in chiaro le qualità interpretative della band: già dall’inizio, i Sieges Even fanno capire, infatti, con la loro ritmica molto tecnica, quali saranno le coordinate stilistiche del disco. La traccia successiva, “The Waking Hours”, è tutto sommato un brano abbastanza orecchiabile, con un ritornello melodico, che presenta però nella sua parte centrale un intermezzo strumentale, che dà occasione a Steffen di cimentarsi nel primo assolo dell’album. “Behind Closed Doors” è strutturato in maniera alquanto simile: la band accentua ulteriormente la componente prog, con una ritmica complessa e anche stavolta ritroviamo un intermezzo strumentale incentrato sull’assolo di Steffen. L’album a questo punto sembra aver preso ormai una piega ben precisa, ma i Sieges Even spiazzano con “Change Of Seasons”, una canzone dolce e soave, interpretata dalla voce di Kaiser accompagnata da un autentico quartetto d’archi: praticamente quasi un pezzo di musica da camera. Si torna su sonorità decisamente più dure con “Dimensions”, una suite suddivisa in tre parti: la prima di esse, “Frontiers”, dopo un attacco strumentale, lascia spazio ad una parte cantata; a seguire, “Projections” è un pezzo molto suggestivo, perlopiù incentrato su voce e chitarra acustica arpeggiata, con rimandi al fado portoghese, intervallati da riff di chitarra elettrica; infine, nella terza parte, “The Grains Of Sand”, un assolo alla chitarra acustica introduce l’ultima parte cantata, con sonorità latine che sfociano in un ulteriore bell’assolo. Si passa quindi a “Prime”, un brano dalle sonorità molto ottantiane, caratterizzato soprattutto, oltre che da vari stop e accelerazioni, da diversi giochi con la voce da parte di Kaiser: un altro assaggio della bravura tecnica dei Sieges Even, prima delle due suite conclusive. La prima di esse, “Epigram For The Last Straw”, è nella sua parte iniziale un brano molto delicato ed atmosferico, ma che si articola in un continuo alternarsi tra parti soft con la chitarra arpeggiata ed altre più ritmate e decisamente rock. In chiusura troviamo “These Empty Places”, sicuramente uno degli highlight del disco, che sfiora i dieci minuti di durata. Qui i Sieges Even danno più che mai prova di tutta la loro grandezza, realizzando un piccolo gioiellino nel quale riassumono un po’ tutte le caratteristiche del loro sound, che avevamo potuto ascoltare nel resto del disco: chitarre arpeggiate, continui cambi tematici e di tempo, belle melodie, stupendi assoli. “A Sense Of Change” resta dunque uno dei capolavori di quest’importante band (che sicuramente nel corso della propria carriera purtroppo non ha raccolto i riscontri che avrebbe meritato) e che ancora oggi non suona neppure poi così datato, nonostante sia stato pubblicato ormai venticinque anni fa.