7.0
- Band: SIGH
- Durata: 00:49:10
- Disponibile dal: 13/04/2015
- Etichetta:
- Candlelight
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
“Graveward” è l’inferno di ogni tecnico del suono: dopo due anni e mezzo tra composizione e registrazione troviamo tre mesi di mixing, percussioni a iosa, voci innumerevoli, strumenti vintage come il Rhodes e il Minimoog e strumenti orchestrali veri e propri, cento tracce per ogni pezzo e più di 100GB di dati audio. Un’impresa non semplice sicuramente, ma d’altra parte compendio doveroso per l’album più ambizioso dei Sigh, almeno dal punto di vista formale. “Graveward” si apre a contaminazioni di uno spettro sonoro ampissimo, come di consueto per la band di Mirai Kawashima: dal thrash metal alla colonna sonora, da Schoenberg a King Diamond, dai Goblin a Carpenter, dai Celtic Frost a Frank Zappa, dallo speed power al black metal di matrice scandinava. La title-track è l’emblema del pastiche di generi che vengono a confluire in un tripudio di contaminazioni, suoni, strumenti, contrappunti, voci, assoli di chitarra, per poi confluire rapidamente in una composizione, come quella di “Tombfiller” immancabilmente vicina ai vecchi fasti dei Children Of Bodom e dei più recenti Dragonforce, però di gusto immancabilmente immaginifico giapponese ed eclettismo Sigh. Come se non bastasse, innumerevoli sono i musicisti ospiti presenti in questa situazione: Matthew Heafy dei Trivium, Fred Leclercq dei Dragonforce, Sakis Tolis dei Rotting Christ e molti altri. Il concept principale però rimane sempre ancorato alla tradizione dell’opera horror all’italiana, che ha il suo nome di culto in Lucio Fulci, in particolare con il suo collaboratore musicante Fabio Frizzi. Metal sinfonico di classe eclettica, contaminata fino al midollo e di una follia disumana contraddistingue l’ultima fatica dei giapponesi, risultando essere forse quanto di più imponente, magniloquente e malato i Sigh abbiano concepito in questi anni di carriera. Parallelamente a questo però c’è anche una volontà – o una necessità, dato l’abbandono del precedente asse portante chitarristico Shinichi Ishikawa, sostituito dal nuovo You Oshima – di arrivare al cuore dell’ascoltatore in maniera più consueta, rimanendo sempre sulla forma canzone quasi tradizionale e diretta e soprattutto comunque molto vicina a “In Somniphobia”, non perdendo niente della forza avant-garde delle ultime produzioni, e anche alla sperimentalità folle di “Imaginary Soniscape” e “Gallows Gallery”, pur non avendo più il medesimo spirito ispiratore. Certo che qui la massa sonora è molto più ampia e forse, da un lato, si potrebbe anche considerare uno scoglio che, al posto di ampliare lo spettro sonoro, lo rende per la qualità del mixing incredibilmente piatto e poco dinamico. Gli overdub sono infiniti e le batterie sono in fondo al tunnel, sommerse dalle orchestrazioni e dalla voce principale. Brani più che interessanti sono però assolutamente presenti. Uno tra tutti è “The Molesters Of My Soul”, venata di synth ed elettronica, il free jazz metallaro di “The Casketburner” o “Out Of The Grave” dove si parte à la Venom, si passa al power metal, si diventa Zu per un attimo e si finisce con i Mercyful Fate. In un certo modo non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso da una formazione di venticinque anni di esperienza. Pur senza stravolgere chissà cosa, se non l’hard disk dello studio di registrazione, Mirai Kawashima ha raccolto molto materiale sicuramente valido e ha ancora una volta portato avanti una tradizione di metal avant-garde di sicuro impatto, di eclettismo furioso e virulento e estremismo folle. Forse un po’ piatto a livello di produzione per la saturazione di tracce ma di pregevole contenuto, questo “Graveward” non deluderà di certo i fan della formazione giapponese e potrebbe anche essere un modo per intrappolare nella rete Sigh nuovi adepti. D’altronde di cose così non se ne sentono spesso. “Graveward” è il consolidamento dei Sigh, un po’ di spirito, un po’ di mestiere.