9.0
- Band: SIGH
- Durata: 00:43:11
- Disponibile dal: -/12/1993
- Etichetta:
- Deathlike Silence Productions
Trent’anni abbondanti di carriera alle spalle, diversi album nonché numerosi EP e split; ai nostri giorni i Sigh possono essere considerati una realtà consolidata, anche se sicuramente sui generis, ma chi avrebbe mai pensato di ritrovarsi, ai tempi, una band giapponese tra i protagonisti della cosiddetta seconda ondata black metal? Eppure, la storia dice proprio questo: attivi dal 1990 e già autori di qualche demo, i Sigh hanno pubblicato il loro primo, fondamentale full length sul finire del 1993, più o meno in contemporanea a “Det Som Engang Var” e addirittura qualche mese prima che vedesse le luce un’opera come “In The Nightside Eclipse”. La vicenda è nota ma, per inquadrare nella maniera più corretta una recensione di “Scorn Defeat”, è necessario ripeterla: il geniale leader della band di Tokyo, Mirai Kawashima, inviò ad Euronymous questi pezzi, che furono pubblicati sotto l’egida della Deathlike Silence Productions dopo la morte del chitarrista e produttore norvegese e che possono fregiarsi di appartenere alla ristretta lista di opere licenziate dall’etichetta, accanto agli album di mostri sacri quali Burzum, Enslaved, Mayhem ed Abruptum. E tutto ciò con pieno merito: il debutto dei giapponesi (il cui titolo è tratto da un verso di “Welcome To Hell” dei Venom) è strettamente legato agli stilemi del black metal ad esso coevo, ma allo steso tempo ha qualcosa di particolare che può essere visto come dovuto alla provenienza geografica della band o come voglia di sperimentare fino all’estremo. In “Scorn Defeat”, infatti, non manca nessuno degli elementi che contraddistinguevano la scena norvegese di quegli anni, come la violenza, la blasfemia, il fanatismo ma, accanto ad uno screaming glaciale e crudele, alle conclamate influenze dei Bathory e del thrash degli anni ’80, si facevano strada tentazioni avanguardistiche che in quel momento avevano realmente pochi termini di paragone, vicine, perlomeno come attitudine, a ciò che avevano fatto i Celtic Frost qualche anno prima. Ciò che differenzia i Sigh dalla maggior parte delle band black metal nel periodo dell’esordio è sicuramente la perizia tecnica che, sommata a quella che per i tempi era di certo una buona registrazione, permette loro di mescolare grezze partiture tipicamente black e momenti gotici con addirittura citazioni alla scena doom inglese, riff ed assoli, chitarre acustiche, pianoforte (“A Victory Of Dakini”), clavicembalo (“The Knell”), tastiere orrorifiche (“Gundali”) o epiche (“Ready For The Final War”), creando una contaminazione che allora poteva sembrare ardita e che solamente in seguito avrebbe preso piede.
In seguito i Sigh seguiranno una strada del tutto personale, estremizzando ancor più la loro ricerca musicale ed inglobando suoni sempre più stravaganti, ma “Scorn Defeat” rimane l’album in cui l’attitudine fieramente black convive con la sperimentazione nella maniera più compiuta.