6.0
- Band: SIGORSPÉD
- Durata: 00:37:45
- Disponibile dal: 11/07/2025
- Etichetta:
- Iron Bonehead Prod.
A parere di chi scrive, una certa ‘trveness’ e vari atteggiamenti misantropi e misteriosi fanno assolutamente parte del carrozzone del black metal, e lo adoriamo, ma quando c’è solo l’aspetto ‘folkloristico’, diciamo, e viene meno la proposta musicale, la cosa diventa francamente ridicola.
Gli americani Sigorspéd si presentano come facenti parte del sedicente Order of the Broken Sword, assieme a band (sempre di Iron Bonehead) quali Luring, Azathoth’s Dream, Wuldorgast – non stupisca, quindi, che i componenti si mescolino fra i vari gruppi.
I Sigorspéd, dicevamo, fanno parte di questo consesso maligno, e sono qui al debutto dopo un demo uscito sempre quest’anno. Come intuibile, il black proposto dal gruppo è primitivo e senza compromessi, con tanto di finti errori di registrazione e produzione fredda e lasciata volutamente ‘primordiale’ (fa un po’ strano che però alcuni brani sembrino mixati diversamente, quasi come registrati in periodi diversi e messi assieme, ma potrebbero anche essere state semplicemente aggiunte da qualche demo mai pubblicato). La band mette sul piatto un suono grezzo e marcio il giusto, capace di far calare l’ascoltatore in un’atmosfera cupa e primordiale, fatta di riff taglienti, blast-beat incessanti e quella tensione claustrofobica che dovrebbe essere il cuore pulsante di ogni disco di questo tipo.
Purtroppo però, nonostante l’impegno e la fedeltà alla causa, il risultato non convince fino in fondo: ci sono momenti in cui la proposta si arena su passaggi un po’ troppo semplici e convenzionali, quando non proprio imbarazzanti, come il banale arpeggio che apre “First Assault”: sembra quasi ricordare una intro di alcuni brani degli Iron Maiden post-2010, con quegli arpeggi – Steve Harris ci perdoni! – non proprio eclatanti che a volte la band usa con troppa leggerezza, facendo quindi risultare il disco più come un tentativo posticcio di essere malvagi e strafottenti che come un lavoro realmente ispirato.
Non ci sarebbe nulla di sbagliato nel modus operandi della band, e l’approccio caotico di questo tipo di black andrebbe benissimo, se però non venisse a mancare una costruzione delle canzoni capace di risuonare accattivante e non velleitaria o fortemente incastrata nei cliché di altri venuti prima di loro: in certi frangenti, infatti, la band sembra più impegnata a emulare modelli norvegesi degli anni ’90 piuttosto che a costruire una propria identità.
Detto questo, “Everlasting Wisdom Of The Ancients” non manca di qualche buona intuizione chitarristica e di momenti in cui il songwriting riesce invece ad emergere con degli sprazzi invitanti, come in “Venomous Betrayal Of The Sacred Dominion” o nella più melodica “Malefic Light Cast Upon The Coiled Serpent”. Da segnalare anche “The Ties Which Bind an Eternal Brotherhood”, brano che si distacca un po’ dal resto del disco per un tocco più atmosferico e malinconico, ma con un richiamo sin troppo evidente e non sempre riuscito – all’approccio degli Ulver di “Nattens Madrigal”, ma che tutto sommato riesce a farsi ascoltare.
Insomma, i Sigorspéd hanno dalla loro la dedizione e una solida idea di quello che vogliono fare, ma devono ancora lavorare per superare quella sensazione di déjà-vu e riuscire a far emergere una personalità più definita. Al momento, “Everlasting Wisdom of the Ancients” è un debutto appena dignitoso, grezzo, sicuramente sincero, ma anche un po’ scolastico e acerbo soprattutto in termini di scrittura, che lascia intravedere potenzialità ad oggi rimaste inespresse.