
6.5
- Band: SILENZIO PROFONDO
- Durata: 00:54:58
- Disponibile dal: 23/02/2024
- Etichetta:
- Andromeda Relix
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Diciamocelo chiaramente, buttando un occhio sul panorama musicale attuale non capita spesso di ascoltare musica rock o metal cantata in italiano; poche band hanno fatto questo coraggioso passo e, sinceramente, ad eccezione di qualche nome noto come Folkstone o Furor Gallico, la situazione non sembra destinata a cambiare troppo nel futuro.
I Silenzio Profondo rompono gli schemi sotto questo punto di vista, tanto da considerare l’italico idioma come un vero e proprio marchio di fabbrica sin dal lontano 2006, anno in cui il quintetto modenese ha mosso i suoi primi passi nel mondo del metallo pesante; passi che li avrebbero portati, quasi due decadi dopo, a rilasciare “Terra Madre”, il loro terzo lavoro discografico.
Al primo impatto, “Terra Madre” arriva come il prodotto di una band che sembra non voler abbandonare gli anni a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta e quella gloriosa vetrina musicale caratterizzata dagli assoli al fulmicotone di chitarristi come Yngwie Malmsteen, dagli acuti fracassabicchieri di Bruce Dickinson o Rob Halford e, per quanto riguarda la nazione a forma di scarpone, da artisti come Vanadium, Strana Officina, Litfiba e Timoria.
Lo stile proposto dai Silenzio Profondo attinge dall’hard rock e dall’heavy metal più classico, soprattutto per le tematiche trattate in canzoni come “Tempesta Di Meteoriti” – che in quanto ad epicità potrebbe tranquillamente rivaleggiare con la celeberrima sigla di “Ken Il Guerriero” – oppure “Scilla E Cariddi”, dedicata ai due abomini mostruosi che, secondo la mitologia greca, sorvegliavano i due capi dello Stretto di Messina.
Dal punto di vista musicale, il filone seguito è esattamente lo stesso e tutto l’album è caratterizzato dalle ritmiche solide – seppur alquanto statiche – di Alessandro Davolio, e le chitarre di Gianluca Molinari e Manuel Rizzolo che si alternano tra cavalcate metal (“Terra 51”) e soli prettamente tecnici dal sapore maideniano, come quello de “Il Demone”. Maurizio Serafini, voce della band, propone un cantato energetico, caldo e di carattere, regalando prestazioni soddisfacenti specialmente in brani come “Schiavo Della Mente” che riportano l’ascoltatore ai tempi d’oro della Strana Officina o dei ben più popolari Timoria.
Particolarmente interessante il brano “Quarantena”, forse l’unico in cui la band si spinge fuori dalla propria zona di comfort e mette in mostra un’inaspettata vena progressive, regalando una traccia che si divide in più atti nel corso degli oltre otto minuti che la caratterizzano; mossa questa decisamente azzeccata per rompere l’andamento dei brani, che tendono un po’ a somigliarsi tra loro. La somiglianza tra le canzoni che compongono l’album è il principale punto negativo dell’opera e nel corso degli ascolti si ha l’impressione che le tracce si fondano un po’ tra loro: questo aspetto può essere in parte giustificato da un genere che, nel corso degli anni, ha cristallizzato un certo tipo di sonorità, e in parte probabilmente dovuto al fisiologico percorso di crescita di una band ancora relativamente giovane e in cerca di un suono caratteristico e distintivo.
In conclusione possiamo dire che il terzo album dei Silenzio Profondo è un prodotto abbastanza solido dal punto di vista della produzione e facilmente godibile dagli appassionati di un heavy metal classico contaminato da qualche sfumatura più power. “Terra Madre”, pur essendo un lavoro che supera sicuramente la sufficienza, rimane un album giovane e ancora un po’ acerbo dal lato compositivo, realizzato e suonato da musicisti di buon livello ma che sembrano focalizzarsi troppo su quelle che sono state le sonorità che li hanno maggiormente plasmati, ancora in cerca di un’unicità stilistica che solitamente si raggiunge con il tempo ed un po’ di gavetta.