7.5
- Band: SILHOUETTE
- Durata: 00:45:00
- Disponibile dal: 24/10/2024
- Etichetta:
- Antiq Records
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Il modo più efficace per presentare su queste pagine “Les Dires de l’ Âme”, album di debutto dei francesi Silhouette, è partire dall’Italia. Più precisamente, l’ideale sarebbe seguire un itinerario spaziotemporale che dalla Catania degli anni Novanta risalisse verso Roma, facesse un giro in zona Pordenone nei primi Duemila e da lì ridiscendesse lungo l’Adriatica, in direzione Abruzzo, ritrovandosi oggi stesso sulla strada verso Nord.
Un viaggio tortuoso e un po’ lungo, con ad ogni tappa una chiacchierata con una band: Novembre, Klimt 1918, All My Faith Lost…, Shores Of Null, Bosco Sacro. Band che vengono da tempi e generi anche piuttosto lontani tra loro, ma che hanno in comune l’intimismo malinconico, la spiccata vena gotica e il gusto per la sperimentazione discreta, tutta sostanza e poco chiasso. Pur nella differenza di approcci, a ben vedere condividono anche qualche tratto stilistico, come la predilezione per la melodia e la centralità riservata a voci pulite e profondamente espressive.
I Silhouette potrebbero inserirsi comodamente in questo quadro, aggiungendovi un tocco black metal e una vaga declinazione fiabesca: la loro proposta, ascrivibile ad una via di mezzo tra gothic e black, è infatti distantissima dal massimalismo kitsch à la Cradle of Filth, e si colloca piuttosto in quel filone autoriale e ricercato cui possiamo ricondurre le realtà sopra citate. Con altrettanta precisione, i Silhouette si collocano nell’estetica di Antiq, etichetta d’Oltralpe che proprio nel black fantasticheggiante ha il suo punto di forza.
Con “Les Dires de l’ Âme”, esordio sulla lunga distanza, il sestetto francese sviluppa il discorso già intavolato nel promettente EP “Les Rentranchements”, accentuandone l’appeal quasi filosofico ed enfatizzando la propria capacità di creare atmosfere oniriche. La ricerca della bellezza emerge prepotente lungo tutti i quarantacinque minuti di musica, regalando dei momenti di grazia cristallina: molto buona l’apertura su “L’Appel”, con qualche reminiscenza di una Chelsea Wolfe d’altri tempi; convincente “Dialecte Onirique”, con le sue suggestioni che uniscono Nord Europa e Mediterraneo; incantevole e misteriosa la traccia conclusiva, “L’Eveil”.
I nodi compaiono verso la metà del platter, con la pur piacevole “Adoubée des Étoiles” e con la title-track, sulla quale i giochi di armonie che caratterizzano il sound della band rischiano l’impantanamento. Su questi passaggi, infatti, i vocalizzi eterei (che pur fanno onore alla bravura della frontwoman Ondine) iniziano a suonare ripetitivi, mentre lo screaming lancinante di Yharnam, che dovrebbe controbilanciarli, risulta un po’ piatto e talvolta quasi scomposto, stentando in alcuni passaggi ad inserirsi organicamente nel brano. Anche i maestosi tappeti sonori, capaci di intessere una nebbia quasi tangibile, ascolto dopo ascolto si fanno sempre più omogenei, con squarci aggressivi che tradiscono una certa prevedibilità.
Sarebbe però ingiusto non riconoscere il valore compositivo dimostrato dai Silhouette, che arrivano al debutto già maturi e con un bagaglio di ispirazione notevole. Un’ispirazione alla quale si dimostrano in grado di dare corpo con personalità, tracciando uno scorcio emozionante con un album ‘a lume di candela’.