6.0
- Band: SIMON MCBRIDE
- Durata: 01:09:37
- Disponibile dal: 14/03/2025
- Etichetta:
- earMusic
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La carriera di Simon McBride, senza alcun dubbio, è svoltata con il suo ingresso nei Deep Purple, ufficializzato nel 2022, eppure il chitarrista nordirlandese non è affatto un novellino e può vantare una carriera quasi trentennale, trovandosi in più di un’occasione a dover sostituire nomi leggendari, da Vivian Campbell negli Sweet Savage, ai Micky Moody negli Snakecharmer, senza dimenticare ovviamente la sua attività nei progetti solisti di Ian Gillan e Don Airey. In parallelo, però, McBride porta avanti da anni anche una carriera solista, che lo vede esibirsi in un trio, con lui nel doppio ruolo di cantante e chitarrista, Marty McCloskey alla batteria e Dave Marks al basso.
“Recordings: 2020-2025”, come si può capire dal titolo, non è esattamente il nuovo album solista di McBride e nemmeno una vera e propria antologia della sua carriera. Si tratta, invece, di una raccolta di canzoni originali e cover che il chitarrista è solito proporre dal vivo e che trovano qui una loro forma ufficiale (sebbene diverse canzoni fossero già state pubblicate sotto forma di EP e singoli).
I brani scritti da Simon – come “Dead In The Water” o “Don’t Dare” – sono una chiara fotografia del suo stile e delle sue influenze: canzoni dalla forte impronta blues, con arrangiamenti diretti, che rimandano a grandi nomi del passato dai Cream a Hendrix, passando per i Free e l’immancabile Gary Moore. La qualità strumentale è ovviamente molto alta e, tutto sommato, McBride se la cava più che bene anche nel ruolo di cantante, pur senza essere dotato di chissà quali eccellenti doti naturali.
Meno convincente, invece, la scrittura, che continua a sembrarci acerba, soprattutto se paragonata a quella dei suoi compagni di band, da Roger Glover a Don Airey, o agli illustri predecessori che hanno occupato il suo posto fino al 2022. La cosa appare ancora più evidente quando ci si rende conto di come, a conti fatti, le canzoni migliori siano le numerose cover presenti, suonate con il giusto equilibrio tra il rispetto dell’originale e quel minimo di interpretazione necessaria per renderle interessanti.
E’ il caso di “Ordinary World” dei Duran Duran, meno vellutata e trasformata in una sorta di rock ballad, oppure l’ottima “Lovesong” dei Cure, una delle migliori del lotto, “Gimme Something Good” di Ryan Adams, fino agli episodi più energici come “The Stealer” (dei già citati Free), “Uniform Of Youth” dei Mr. Mister, e “Kids Wanna Rock” di Bryan Adams, che rappresenta uno dei momenti più esaltanti del disco.
A fronte di queste considerazioni e alla natura stessa del disco – una raccolta di canzoni sparse degli ultimi cinque anni – è evidente che non ci troviamo di fronte ad un lavoro imperdibile. E’ un disco fatto per i fan di McBride o, al massimo, per i più sfegatati completisti della Purple Family, con le sue mille ramificazioni. A chi volesse invece iniziare oggi ad esplorare la storia di McBride, suggeriamo piuttosto il suo precedente album, “The Fighter”, oppure l’ottimo “Second Skin” degli Snakecharmer, già recensito sulle nostre pagine.