8.0
- Band: SIRRAH
- Durata: 00:43:13
- Disponibile dal: 09/09/1996
- Etichetta:
- Music For Nations
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
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Una notevole e storica chicca è quella che vi proponiamo a questo giro per la rubrica I Bellissimi: i Sirrah furono – usiamo il passato remoto in quanto la formazione non esiste più da parecchio tempo – una delle tantissime band europee uscite allo scoperto in pieni Nineties, durante l’esplosione quali- e quantitativa del florido filone doom-gothic metal. Accanto alle principali correnti del citato sottogenere, ovvero la britannica, la tedesca, la norvegese e l’olandese, c’erano poi esponenti estemporanei che, come ad esempio i portoghesi Heavenwood, trovarono spazio e tempo per imporsi un minimo fra le riviste di settore. Fra questi esponenti vanno sicuramente nominati, appunto, i polacchi Sirrah, il cui debutto “Acme” è un gioiellino inespresso e semi-sconosciuto di quelle sonorità decadenti, epiche e potenti che ci avevano affascinato tanto quando ancora si potevano dire innovative e originali. “Acme” è realmente un capolavoro, edito in partenza dalla Metal Mind Productions e poi prelevato dalla Music For Nations – che nel 1996 lo pubblicò in tutta Europa, allora fortemente invaghita dalla musica dei vari Paradise Lost, My Dying Bride, Cradle Of Filth, The 3rd And The Mortal e compagnia depressa. Il combo polacco era addirittura un ottetto, composto da voce maschile, voce femminile, chitarrista-cantante, seconda chitarra, basso, batteria, tastiere e viola e, in questo disco dalle qualità sopraffine, non bissato poi dal seguente “Will Tomorrow Come?”, mostra tuttora il gran gusto compositivo e la superiore originalità del proprio doom-gothic, venato anche da robuste connotazioni death metal e da mai pacchiane partiture folk, dal sapore zigano e, a tratti, anche mediorientale – non per nulla in formazione era presente tale Bai’sahr, abbastanza chiaramente non di origini mitteleuropee. A metà strada tra My Dying Bride, Theatre Of Tragedy, Moonspell, Type O Negative e anche un pelo di Orphaned Land dei primi album, i Sirrah dividono “Acme” praticamente in due sezioni, quella formata da medio-lunghe composizioni dalla tipica atmosfera doom-gothic degli anni Novanta – fra le quali è da rimarcare assolutamente l’incredibile e commovente “Pillbox Impressions” – e quella in cui tracce più brevi e fuori controllo prendono il sopravvento, quali ad esempio il thrash-death metal di “Iridium”, la mezza-scherzosa “Panacea” o la divagazione folk della conclusiva “In The Final Moment”. E’ chiaro come siano le canzoni più orientate al genere di competenza a reggere in blocco il valore dell’album, che trova nella title-track, in “Bitter Seas” e “A.U. Tomb” espressioni di massimo livello. Accanto alle strane melodie folkish e ai mood decadenti dati dall’ottimo uso delle tastiere di Chris e della viola di Magdalena, il trade-mark migliore dei Sirrah resta quello delle vocals, condivise in pace e ottima alleanza da Tom, Maya e Matt, capaci di variare dal timbro cupissimo à la Steele/Ribeiro al growl stile Mikael Akerfeldt, fino a raggiungere le vette angeliche delle migliori Liv-Kristine Espenaes o Ann-Mari Edvardsen, per un meltin’ pot di suggestioni e cambi di stile davvero riuscito. Dunque, nel probabilissimo caso vi siate persi “Acme” quando uscì e questa disamina vi ha incuriosito abbastanza, il nostro umile consiglio è quello di andare perlomeno ad ascoltarvi in rete l’album, considerato che, se amanti del settore, troverete un po’ tutto quello che di buono il doom-gothic rappresenta e significa. Lode postuma ai Sirrah!