4.0
- Band: SIX FEET UNDER
- Durata: 00:43:57
- Disponibile dal: 02/10/2020
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Il ritorno dei Six Feet Under avviene su una base tragicomica, spiazzante e provocatrice in maniera del tutto involontaria. Si fatica sempre di più a comprendere la parabola artistica di questa band, la quale sembra ormai in completa balia di se stessa. L’entrata in line-up di Jeff Hughell e Marco Pitruzzella, avvenuta qualche anno fa, aveva dato l’impressione di potere portare ad un nuovo rilancio della carriera del gruppo statunitense, ma questo “Nightmares of the Decomposed” vede Chris Barnes e soci fare rapidamente retromarcia su ogni fronte e impantanarsi ancora una volta in uno pseudo death’n’roll privo di logica e mordente. Inutile e forse addirittura deleterio il recente arrivo in formazione di Jack Owen, compagno di Barnes nei Cannibal Corpse della prima ora: le idee e il passo del chitarrista sono a dir poco confusi, tanto che all’ascoltatore basta pochissimo per ritrovare nella tracklist tutti gli elementi del peggiore SFU-style, vale a dire riff insulsi, metriche vocali imbastite a casaccio e resa sonora inconsistente. L’ennesima battuta d’arresto del gruppo non dipende insomma solo dal growling sempre più debole e asciutto di Barnes: il disco appare sconsiderato anche e soprattutto a livello di struttura. Partendo dalla reiterazione di una formula ormai sempre più assurda – nel 2020 chi vuole davvero sentire un brano hard rock con questo tipo di voce? A quale pubblico vogliono rivolgersi i Six Feet Under? – “Nightmares…” si espone continuamente tra squilibri metrici, fortissimi passaggi a vuoto nel songwriting e una produzione esile e disorganica, indegna di una formazione di questo calibro. Il death metal, o qualcosa che prova a ricordarlo, trovano spazio solo nella movimentata opener “Amputator” e nella conclusiva “Without Your Life”: il resto del lotto vede la band cimentarsi in un hard rock di terza categoria, con l’aggravante che il modello da cui si parte sembrano essere i Six Feet Under al loro peggio, con Owen fuori dalla grazia di qualsiasi dio nel suo insistere su costrutti groovy sempre più scialbi, Hughell e Pitruzzella praticamente nulli e un Barnes ormai del tutto scollegato dalla realtà e incapace persino di andare a tempo.
I Six Feet Under nel 2020 non ispirano sorrisi e non cagionano lacrime. Suonano e si lasciano guardare, sospesi in un limbo di indifferenza e assurdità che loro stessi si sono creati. Non era ovviamente il caso di aspettarsi un album animato da una profonda e pirotecnica creatività, ma “Nightmares…” a tratti riesce nell’impresa di andare oltre le peggiori aspettative, immortalando una band intenta a infierire ripetutamente sulla propria precaria reputazione.