4.0
- Band: SKID ROW
- Durata:
- Disponibile dal: /08/2003
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
Il problema dei nuovi Skid Row non si chiama di certo Johnny Solinger, vocalist dotato e dalla grande presenza scenica, e non ha nemmeno a che fare con l’assenza del frontman storico Sebastian Bach, che nella band non compose praticamente mai nulla. Il vero male di questa formazione si chiama insicurezza: la stessa ansia che all’indomani dei due folgoranti album d’esordio spinse Dave Sabo e Rachel Bolan ad incanalarsi verso sentieri musicali alieni dal proprio background.
Erano gli anni in cui Alice In Chains e Soundgarden la facevano da padroni, con la loro “black attitude” lontana mille miglia dall’approccio ribelle e sfrontato di un album come “Slave To The Grind”. Ne venne fuori un prodotto anomalo (“Subhuman Race”), che spaccò in due fan e critica, fra chi rigettava in toto il nuovo corso e coloro che apprezzarono la nuova incarnazione “decadente”, magistralmente messa in piedi da un certo Bob Rock. Emergeva in ogni caso un dato di fondo: le composizioni, nonostante continue citazioni delle soluzioni vocali della coppia Staley/Cantrell, erano immediatamente identificabili come parto legittimo della band, e bastava una ballad come “Into Another” per mettere a tacere i più scettici.
Con “Thickskin” questa identificazione è totalmente assente, in quanto quella che abbiamo di fronte è una formazione che non è più in grado di creare imponendo un proprio stile. Sembra piuttosto di ascoltare nelle 12 tracce dell’album un riassunto delle principali ondate sonore che hanno sconvolto gli USA negli ultimi dieci anni. Troppo palese la somiglianza fra l’opener “New Generation” e la mansoniana “The Beautiful People”, evidenti i richiami agli ultimi Staind in “Swallow Me (The Real You)”, ma è soprattutto il sound dei Pearl Jam che domina in lungo e in largo, fra linee vocali profonde ed un approccio pseudo-cantautorale che suona come una forzatura delle profonde composizioni di Eddie Vedder. “Ghost” è ancora una composizione in grado di toccare le corde giuste, così come “See You Around” si rivela discreta ballad, ma quando gli Skid Row decidono di imbarcarsi nella macchina del tempo per ricordare le origini, allora sono dolori seri. “Thick Is The Skin” suona veramente insopportabile, con i suoi riff pesanti alternati ad un refrain banale, urlato senza convinzione, per non citare il triste episodio dal titolo “I Remember You Two”, trasposizione in formato Green Day di una delle migliori ballad mai composte in ambito hard.
Una delusione profonda verso un disco attesissimo, ma se è vero che ad album deludenti segue puntualmente una reunion dei membri originali e un ritorno a sonorità originarie, allora anche questo “Thickskin” sarà servito a qualcosa.