8.5
- Band: SKYCLAD
- Durata: 00:47:20
- Disponibile dal: /09/2004
- Etichetta:
- Demolition Records
- Distributore: Self
Ma chi l’avrebbe mai detto? Chi l’avrebbe solo ipotizzato? Gli Skyclad, storica band britannica, indicata dai più come uno dei gruppi inventori del folk-metal, rimasti tristemente orfani del loro leader e figura principale, l’istrionico singer Martin Walkyier, non solo sono riusciti a sopravvivere, ma addirittura offrono in pasto ai loro fan un nuovo album a dir poco bellissimo e strepitoso! A partire dal sottoscritto, grande estimatore della personalità e del carisma di Walkyier, molti non avrebbero scommesso un centesimo su un ritorno di tali proporzioni per i folk-metaller. La band albionica ha saputo rigenerarsi benissimo e, prendendosi il tempo necessario per riordinare idee ed ispirazione, esce ora con questo ottimo “A Semblance Of Normality”, album che, fin dal sobrio e semplice artwork, prende piuttosto decisamente le distanze dai lavori precedenti: attenzione, però, non che la musica degli Skyclad sia mutata… sempre di divertente, potente e maturo folk-metal si tratta; ma, essendo cambiate le carte in tavola, l’impatto d’insieme è di certo diverso. Innanzitutto, alla voce solista è passato Kevin Ridley, anche chitarrista e attivo al mandolino e alle tastiere, una vera sorpresa! Il suo timbro è quanto di più lontano ci sia dallo stereotipo del cantante metal, e Walkyier potete pure dimenticarlo… non so se qualcuno alla lettura conosce per caso i Levellers, ma ora a livello vocale gli Skyclad si sono avvicinati tremendamente ai folk-rocker connazionali. In pieno contrasto, la produzione delle chitarre si è incattivita in modo notevole, ribassandosi quasi su tonalità grunge, oppure andando a ricordare spesso i passaggi pastosi di “Load” dei Metallica, e dando all’album un’impronta pesante non indifferente. Preso atto della new-entry alla batteria, Arron Walton, e del corposo utilizzo dei servigi della Royal Philharmonic Orchestra, Steve Ramsey, Graeme English e la ricciolona Georgina Biddle si prendono cura di mantenere saldo il legame con il passato; legame mantenuto anche grazie alla solita sagacia ed ironia lirica, per niente affievolitasi con la dipartita di Martin. Ma, dopo tutte queste informazioni, cerchiamo di venire al dunque: ciò che rende superlativo “A Semblance Of Normality”, come accade per tutti i grandi dischi, sono le canzoni! E dire che il CD parte pure in sordina, con “Do They Mean Us?” e “A Good Day To Bury Bad News” che si presentano bene ma non emozionano più di tanto; la seguente “Anotherdrinkingsong”, però, fa esplodere l’album di colpo, in un connubio di danze sfrenate e bevute d’altri tempi, per una classica folkish-funny track à la Skyclad che non può assolutamente far stare fermi e/o calmi sulla sedia. Da questo momento in avanti, il disco diventa puro spettacolo: la varietà e la chiosa acustica di “A Survival Campaign”, il dipanarsi groovy-folk di “The Song Of No-Involvement”, con il suo chorus “da birrificio artigianale”, e il classico andamento di “The Parliament Of Fools”, ideale link al precedente “Folkèmon”, alzano esponenzialmente il gradimento del platter in questione. E lo stupore per l’appeal delle canzoni seguenti non accenna a placarsi, soprattutto in occasione della speedy-thrash “Ten Little Kingdoms” e di “NTRWB”, potente e cadenzata come da tempo gli Skyclad non componevano, tanto che sembra di sentire i Corrosion Of Conformity meno hardcore-oriented. L’album termina con l’ispirata “Hybrid Blues”, pezzo quasi sperimentale per il gruppo, non per l’incedere acustico, bensì per le atmosfere create. Forse perché così inaspettatamente bello e coinvolgente, il ritorno degli Skyclad segna l’inizio di una seconda giovinezza per la band, prezioso punto di partenza da cui impartire lezioni di stile e passione a chiunque. Up the beers, folks!