6.0
- Band: SLAYER
- Durata: 00:39:45
- Disponibile dal: 29/10/2009
- Etichetta:
- American Recordings
- Distributore: Universal
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Gli Slayer sono gli Slayer. Come prima di loro molti gruppi come Ramones o AC/DC, i titani del thrash hanno solidificato la loro carriera in un’epica resistenza al concetto di rinnovamento. Per questo motivo i fedeli del gruppo vedono ogni capitolo discografico e successivo ciclo di tour come una conferma che il vero thrash esiste ancora, incarnato nelle fattezze di Hanneman, King, Araya e Lombardo. E’ vero che, avendo il gruppo toccato le sue vette più alte più di dieci anni fa, è molto probabile che le produzioni attuali siano qualitativamente lontane da quei capolavori, marchiate da ripetute accuse di riciclo delle loro stesse idee. E’ altrettanto vero come, in giorni dove il ritiro è un’ipotesi reale, un ritorno alle vecchie sonorità sia una mossa prevedibile per uscire dalle scene a testa alta. Seguendo le orme dei Metallica, nel 2009 gli Slayer entrano in studio con Greg Fidelman alla consolle e Rick Rubin come produttore esecutivo. Il risultato, com’è successo più volte, spaccherà in due la folla assieme ai fans più accaniti. Iniziamo col dire che l’intero disco è penalizzato, per non dire affossato, da una produzione ingiustificabile: il suono delle chitarre è secchissimo, esile, sverniciato, appena distorto, e viene immediatamente sotterrato dalla voce e dal resto degli strumenti per un risultato caotico, quasi fosse una demo. I fanboy lo definiranno “hardcore”, applaudendolo come una rivincita sulla musica digitalizzata, ma vent’anni fa c’erano album che suonavano meglio, e questa mossa suona tanto come tentativo per distanziarsi dalla massa (ricordate il rullante scordato?). Sorvolando quello che sarà un enorme tema di discussione, possiamo dichiarare che il problema di questo “World Painted Blood” risiede proprio nei pezzi. L’eccitazione per un disco feroce e diabolico che torna all’era di “Reign In Blood” svanisce presto, considerando come anche le cartucce migliori siano poco più che discrete nel complesso – perfetto l’esempio di “Snuff”, dove un assalto frontale veloce e spietato sorretto da assoli impressionanti viene rovinato da testi mediocri (“Murder is my future/And killing is my future”). Gli esperimenti in territori più atmosferici (“Human Strain”) e tetri (“Beauty Through Order”, “Playing With Dolls”) indicano come il gruppo sia in palese difficoltà quando si tratta di staccare il piede dall’acceleratore, e considerato come le scalette attuali siano necessariamente infarcite di mid-tempos c’è la brutta prospettiva di vedercele riproposte dal vivo, al posto della title track o di pezzi apprezzabili come “Hate Worldwide” e “Public Display Of Dismemberment”. Altri brani, come “Unit 731” o “Americon”, possono essere definiti di una gradevolezza del tutto soggettiva per quanto ricalcano uno schema immobile e cementificato. “World Painted Blood” è ai livelli dei capolavori della band? Ovviamente no, nessuno se lo sarebbe aspettato da un gruppo che è sopravvissuto tanti anni. Gli Slayer sono ancora veloci, rumorosi e riescono ad incarnare il male nella propria musica? Si, ed è per questo che saremo sempre sotto il palco a sostenerli. Ma, col cinismo che serve per emettere un giudizio un minimo imparziale, per quanto possibile, questo album merita solo la sufficienza. Consoliamoci pensando come “World Painted Blood” sia la dimostrazione che ci sia ancora della benzina nel serbatoio di una delle nostre band più amate.