8.0
- Band: SLIFT
- Durata: 01:19:04
- Disponibile dal: 19/01/2024
- Etichetta:
- Sub Pop Records
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“They forgot and they got lost
In a neverending circle of death and lies”
Per chi segue la scena heavy/psych underground, il nome degli Slift non dovrebbe essere particolarmente nuovo: nati nel 2016 da un’idea dei fratelli Jean e Rémi Fossat, rispettivamente chitarra/voce/synth e basso, con il batterista Canek Flores, il trio di Tolosa ha pubblicato negli anni diversi EP e tre album. L’ultimo nato nella discografia del terzetto è questo “Ilion”, che aggiunge un tassello importantissimo al loro percorso.
Se, infatti, già “Ummon” era stato come un fulmine a ciel sereno per molti appassionati, aggiungendo al complicatissimo sound della band una vena metal e prog che li aveva portati anche ad una esibizione per la KEXP Radio di Washington, possiamo dire che “Ilion” è un punto di arrivo sci-fi influenzato dal krautrock, dove atmosfere ossessionanti si trasformano in lunghe elucubrazioni dal sapore progressivo. Un disco che dura quasi un’ora e mezza, ma che va assolutamente ascoltato con calma e più volte per cogliere tutte le stratificazioni sonore nascoste al suo interno.
Insieme alla copertina, che sembra uscita da un volume della raccolta Urania, la prima traccia, che dà il titolo al mastodontico lavoro (e da cui sono tratte le righe in apertura), rende immediatamente l’idea di quello che troveremo nel disco: synth, riff di hendrixiana memoria, cori ed atmosfere spaziali, con una buona dose di tempi dispari che spiazzano più e più volte l’ascoltatore impegnato a seguire la storia raccontata dalla voce al vetriolo di Jean Fossat.
“Ilion” è come una sinfonia dove temi di chitarra e basso continuano a tornare in forma diversa, dove abbondano i vuoti interstellari come quello verso il finale della prima traccia, che rendono il tutto compatto come un Monolite Nero, stele di un mondo che non c’è più.
Cavalcate rock si scontrano su scogliere di distorsioni anche a partire dalla seconda “Nihm”, altri nove minuti cavalcando fra onde gravitazionali, al calore di valvole primordiali e con piogge di meteoriti grazie al bellissimo lavoro sui piatti di Flores.
La cosa più bella degli Slift è che sono in grado di prendere a piene mani da un vissuto illustre e trasformarlo in qualcosa di completamente nuovo: dai Kyuss più heavy agli ultimi Elder più prog, passando per i Motorpsycho e con un pizzico di krautrock alla Tangerine Dream e quanto basta di post-metal alla voce. Ne esce una commistione dura ma elegante, leggera ma intensa, in particolare quando intervengono i cori femminili e il falsetto di Jean Fossat, anche se il pezzo probabilmente più apprezzabile del lotto è “The Worlds That Have Never Been Heard”, che inizia su una tribale doppietta di sintetizzatori e batteria per poi evolversi in una complessissima suite di dodici minuti e mezzo: un mastodonte pensato per trascinarci dentro un buco nero e farci emergere in un’altra dimensione, dove riff e ritmi si ripetono espandendosi.
Ma c’è anche modo di rilassarsi col sassofono in “Confluence”, mentre Rémi Fossat si lancia in un giro di basso ancora più ipnotizzante dello strumento portante del pezzo, alternandosi a una chitarra malinconica ed eterea. Per un disco dove i pezzi durano tutti almeno nove minuti, ad eccezione dell’outro “Enter The Loop”, è impressionante il fatto che riusciamo a stare concentrati tutto il tempo: dopo la più rilassata “Weaver’s Welft” e la più heavy “Uruk”, “The Story That Has Never Been Told” ci carica su una catapulta gravitazionale per spararci nei più reconditi recessi del cosmo; anche questa è una suite costruita con una precisione millimetrica, pensata per farci andare e tornare a bordo di ritmi ossessivi, tempi dispari, riff acidi e un basso davvero virtuoso, in particolare nel bellissimo riff che poco dopo la metà della traccia si prende tutta la restante parte finale, dove gli Slift hanno modo di esprimere tutta la loro bravura e il loro amore per gli Hawkwind più psichedelici e trasognanti.
“Ilion” è un disco coraggioso, mastodontico e proprio per questo irresistibile: sicuramente una delle più belle uscite in campo heavy/psych degli ultimi tempi, un piccolo capolavoro che va recuperato da chi cena con gli Sleep e fa colazione con gli Yes. La band lo definisce un viaggio come quelli dell’”Iliade” o l’”Odissea”, e speriamo che questa sia solo la prima parte di un lungo, psichedelico viaggio interstellare.