6.0
- Band: SLIPKNOT
- Durata: 01:28:22
- Disponibile dal: 19/12/2005
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Universal
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Il fatto che una delle big hits degli Slipknot si intitoli “Surfacing” (venire alla superficie, affiorare) fa pensare. Più che altro perché la superficie sembra essere l’habitat della band (o banda, nel senso di fanfara, visto l’affollamento sul palco) di Des Moines, Iowa. Il suono degli Slipknot è tutto lì, tutto davanti, tutto compresso, tutto in quello che si sente, tutto in superficie, insomma. Un pregio e un difetto. Il pregio: ciò che sta in superficie si pesca facilmente. Così milioni di ragazzini coi capelli viola ed un rapporto difficile con i genitori hanno pescato il messaggio e il suono della band, facendone il proprio inno (“The Heretic Anthem”) postadolescenziale. Il difetto: l’entusiasmo finisce in fretta. Gli Slipknot sono talmente in superficie che non lasciano niente da scoprire all’ascoltatore. Le strutture geometriche dei brani, tutti appoggiati su due enormi chitarroni e una sezione ritmica che deve al fenomenale Joey Jordison (bravissimo, ma cinque minuti di assolo sono comunque tanti) la propria efficacia, diventano prevedibili in fretta e fanno pensare che l’inerzia guadagnata con il primo album sia prossima ad esaurirsi. Il live album, approdo naturale per un gruppo che fa dell’esibizione dal vivo un irrinunciabile momento di contatto con un pubblico fedelissimo, è il distillato di quanto sono gli Slipknot. Tanti muscoli, tanto ritmo, tanti “make some fucking noise”. Dal vivo funziona (con dei suoni così, poi, figurarsi), ma manca tutto quello che dovrebbe rimanere nell’aria dopo aver premuto il tasto stop.