8.0
- Band: SLIPKNOT
- Durata:
- Disponibile dal: //2001
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Universal
A distanza di due anni dal suo predecessore, il nuovo e tanto agognato lavoro del combo statunitense é finalmente una realtà. Chi si aspettava un disco più “easy” resterà deluso e probabilmente molto sorpreso a partire dal primo brano del disco “People = Shit”, un pezzo che colpisce come un treno merci sparato a trecento chilometri orari in piena faccia, un attacco tiratissimo degno delle più celebri death metal bands della scena internazionale, un riffing serrato, compatto, devo dire che i nove invasati dell’Iowa fanno decisamente sul serio. Ma é un massacro controllato, la band é cresciuta notevolmente, sia dal punto di vista tecnico che compositivo, ogni strumento ha ora un suo spazio ben definito ed é perfettamente identificabile nel campo delle frequenze di ogni traccia, merito soprattutto dell’attento e impeccabile lavoro di missaggio del re del nu metal recording, sua maestà Ross Robinson in persona, ancora una volta al fianco del suo fantomatico prodigio tutto americano. Meno spazio questa volta al alvoro di sequencing e looping di Sid Wilson (N°0) e Craig Jones (N°5), sempre più sbalorditiva la performance del numero 1, il drummer Joey Jordison, anche se un doverosissimo e meritato plauso va alla creatività e alla genialità dei due chitarristi, Mick Thompson e Jim Root, ora ben riconoscibili in quell’immenso muro sonoro creato dai nove musicisti. L’approccio chitarristico svolge un’importante ruolo in Iowa, creando un punto di contatto tra il sound massiccio ed esplosivo (e anche un pò impastato) dell’omonimo debutto degli Slipknot e l’inconfondibile impronta stilistica dei più noti esponenti della scena thrash e death metal old school più estrema, Morbid Angel e Slayer tra i paragoni più evidenti. Nuova rabbia, nuove idee e, come era prevedibile, nuove tute, ora tutte rigorosamente nere, e nuove maschere che pur mantenendo i tratti somatici di quelle precedenti, sembrano decisamente più in tema con la scelta del gruppo di adottare un’attitudine filo satanista, a cominciare dall’artwork del disco stesso, sulla cui copertina troneggia un’inquietante testa di caprone. Che sia una consapevole e programmata manovra commerciale? Non credo che una band come gli Slipknot necessiti particolarmente di decentrare l’attenzione dell’ascoltatore puntando più al look che ai contenuti, la follia che trasuda da ogni nota di questo Iowa non é certamente frutto di una trovata pubblicitaria, tutto suona maledettamente vero, l’intero disco colpisce dritto al cuore, convince in ogni suo dettaglio, quattordici tracce, per un totale di approssimativamente sessantasei minuti di dolore, un concentrato di pura violenza, ogni brano racconta una storia diversa, un differente stato d’animo: “Disasterpiece”, travolgente come un rullo compressore, “My Plague”, corrosiva e aggressiva, con un efficace alternanza di voci growl e pulite, opera di un sempre più convincente Corey Taylor, all’apice della sua espressività, “Left Behind”, melodica e coinvolgente, probabilmente entrerà nella top five dei brani trasmessi nelle maggiori emittenti internazionali e la ascolteremo spesso nei vari rock clubs. Un disco che farà parlare di se, il grande ritorno di una delle bands più importanti nella storia del rock dai tempi dei Kiss, ma soprattutto la conferma che la classe non é acqua.