7.5
- Band: SLIPKNOT
- Durata: 01:03:27
- Disponibile dal: 09/08/2019
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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Anche se le vette raggiunte dagli Slipknot tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila sono e resteranno per sempre irripetibili a livello di personalità, intensità e capacità di folgorare le masse, ciò non significa che la formazione del Midwest abbia smesso di scrivere musica in grado di scavare a fondo nei sentimenti dell’ascoltatore, spingendosi oltre quella superficie di proclami, maschere e battage pubblicitari che puntualmente ne accompagna i dischi.
“We Are Not Your Kind” è il manifesto programmatico di una realtà più grande degli ostacoli sopraggiunti nel corso di una carriera pluriventennale (ultimi, in ordine di tempo, la battaglia legale con l’ex numero #3 Chris Fehn e il tragico lutto familiare di Shawn Crahan) e si pone in perfetta continuità con il ‘nuovo corso’ inaugurato dal precedente “.5: The Gray Chapter”, fra clean vocals in primo piano, un taglio più snello e asciutto delle strutture e un’inedita spinta emozionale a legare i brani, diretta conseguenza di un’effettistica mai così viscerale e penetrante come in questo momento. La tracklist, varia e dalla successione studiata chiaramente nel dettaglio, si dipana quasi fosse la colonna sonora di una pellicola grindhouse di qualche decennio fa – ora incalzante, ora spettrale, ora suadente – con Mr. “133” a punteggiare di synth e campionamenti ogni spazio lasciato libero dai compagni. Un dettaglio che, se sulla carta potrebbe apparire come un mero vezzo artistico, nei fatti conferisce al capitolo numero sei una chiave di lettura molto più profonda e intima del previsto, facendo calare sull’esperienza complessiva un’atmosfera allucinata, quasi visionaria per gli standard di certo heavy metal mainstream.
Sviscerato questo aspetto, è bene ribadire come il contenuto di “We Are…” si inserisca per buona parte nel solco tracciato da recenti hit come “The Devil in I” e “Killpop”, con tutto ciò che ne consegue a livello stilistico e di gradimento soggettivo; un’alternanza affinatissima di strofe indiavolate e ritornelli ultra-catchy, riffing death metal (inutile girarci attorno) e sbandate nei territori radiofonici presidiati dagli Stone Sour, il quale potrebbe risultare indigesto a chi ancora aspetta in pronta consegna un “Iowa pt.2”. Vi sono però delle eccezioni al trend (comunque inattaccabile dal punto di vista dell’efficacia e del coinvolgimento) di tracce come “Unsainted”, “Nero Forte” o “Critical Darling”: “A Liar’s Funeral” è, con ogni probabilità, una delle composizioni più mature e ambiziose nella storia del Nodo Scorsoio, fra esplosioni di elettricità rabbiosa e struggenti digressioni acustiche; “My Pain” è una nenia dolorosa travestita da filastrocca della buonanotte, mentre “Solway Firth” alza l’asticella dell’estremismo in una corsa a perdifiato che meriterebbe di apparire nelle setlist del gruppo di Des Moines da qui all’eternità.
Detto di performance individuali come da tradizione sugli scudi – basti pensare al guitar work della coppia Root/Thomson o alla tentacolare prova di Jay Weinberg dietro i tamburi – e di arrangiamenti rifiniti con cura certosina dal primo all’ultimo minuto dell’opera, indispensabili per renderne fruibile la durata corposa, “We Are Not Your Kind” è la migliore risposta possibile a chi è solito definire gli Slipknot un vacuo fenomeno di plastica. Un album che reclama prepotentemente la nostra attenzione, insieme a quella del mondo intero, con la sua inarrestabile forza cinetica.