7.0
- Band: SMACKBOUND
- Durata: 00:48:05
- Disponibile dal: 21/04/2023
- Etichetta:
- Frontiers
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Ci aveva colpito molto positivamente il debutto firmato Smackbound, edito nel 2020 ed intitolato “20/20”. Il loro è un sound moderno, caratterizzato fortemente dalla voce femminile, squillante, piuttosto espressiva e dinamica della brava Netta Laurenne; ed anche all’interno di questo nuovo “Hostage” si cambia poco rispetto all’esordio, visto che si ripercorre la strada che aveva funzionato bene tre anni or sono, alternando quindi brani altamente catchy a situazioni decisamente più grintose, il tutto con un’impronta moderna sempre molto evidente.
Da una parte quindi canzoni rilassanti caratterizzate da melodie canticchiabili, spesso contornate da arrangiamenti elettronici, come l’opener “Reap” e la sinfonica ed intrigante “Rodrigo”, che si muove con carica esplosiva attraverso sonorità gotiche, dall’altra momenti più tirati e possenti (nel complesso, i nostri preferiti) capaci di trasmettere tutta l’energia che il quintetto nordico ha da esternare; parliamo, ad esempio, della robusta “Razon Sharp”, vera e propria hit che viaggia con decisione sulle chitarre robuste ben suonate da Teemu Mäntysaari (in formazione anche nei Wintersun).
Ovviamente un valore aggiunto è donato costantemente dall’ugola di Netta: a tratti calma ed elegante, altre volte graffiante ed aggressiva, ma sempre incisiva ed intrigante, come dimostra durante il bel midtempo “Break” alzandosi su note elevate ma riuscendo a restare ruvida al punto giusto. La sua espressività vocale è evidente e coinvolge anche durante la lenta “Imperfect Day”, mentre sonorità powereggianti escono con vigore durante “Graveyard”, grazie ad accelerazioni improvvise ed aperture melodiche che fanno pieno centro. L’elettrizzante “Hold The Fire”, dalle tinte sì hard rock eppure dannatamente heavy nel complesso, esplode con energia fulminante dalle casse con la carica di Rolf Pilve, batterista degli Stratovarius, che non fa mancare la sua precisione e dedizione dietro le pelli.
La moderna title-track non riesce invece ad emergere come dovrebbe, tanto da risultare uno dei momenti meno riusciti del disco, ma la conclusiva “The Edge” merita attenzioni visto che nei suoi nove minuti di durata si divide tra una prima metà lenta ed intensa, a mo’ di ballata, per poi continuare nei restanti cinque minuti attraverso sonorità sinfoniche ed elettroniche che si fondono con parti narrate e cori soffusi.
Non è affatto facile suonare moderni senza cadere nei soliti cliché, rischiando così di risultare scontati e banali. Ma bisogna riconoscerlo: gli Smackbound anche stavolta riescono a suonare vari e dinamici, tra heavy metal ed hard rock, con influenze gotiche e moderne e con un forte impatto melodico. Il tutto ben equilibrato lungo una tracklist che appassiona, fatto salvo rarissime eccezioni!