7.5
- Band: SODOM
- Durata: 01:06:15
- Disponibile dal: 28/10/2022
- Etichetta:
- Steamhammer Records
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Li abbiamo visti in azione un mese fa sul palco del Metalitalia.com Festival per festeggiare con loro i quarant’anni di carriera, quattro decadi consacrate al thrash metal più crudo, diretto, guerrafondaio. Stiamo ovviamente parlando dei Sodom i quali, a coronamento dell’importante traguardo raggiunto, hanno deciso, insieme alla Steamhammer/SPV, di fare una sorpresina ai propri fan e a tutti gli appassionati del genere. Già lo scorso dicembre, in occasione delle celebrazioni per il ventennale di “M-16”, Tom Angelripper aveva accennato ad una particolare operazione cerimoniosa (e di marketing) in vista del nuovo anno. Restio, come più volte sottolineato, dal voler rifare per intero un album, il leader e bassista del gruppo tedesco ha preferito riproporre in chiave moderna, o più semplicemente marcata 2022, un brano estratto da ognuno dei sedici dischi rilasciati sino ad oggi: da “Obsessed By Cruelty” all’ultimo “Genesis XIX”, aggiungendo comunque un gentile omaggio anche dal primordiale EP “In The Sig Of Evil”, là dove tutto ebbe inizio. Una sorta di compilation, che si presenterà in molteplici versioni (con l’aggiunta di musicassette, libri, fotografie, poster e magliette), andando così a definire i “40 Years At War – The Greatest Hell Of Sodom”.
Un viaggio lungo poco più di un’ora, a ricoprire i passi tortuosi e mortiferi compiuti dal cingolato di Gelsenkirchen, cercando di mantenere il grezzume e l’inesperienza di certi brani, come “Sepulchral Voice”, “After The Deluge” e “Ashes To Ashes”, caricandoli della giusta potenza, favorita dalle possibilità ingegneristiche di oggi, senza snaturare troppo l’originalità dei pezzi. E possiamo dire che, in questo senso, la band è riuscita a sorpassare l’esame: da una parte i vecchi del mestiere, Tom e Frank, a rimembrare la sfacciataggine dei primi tempi, dall’altra Yorck e Tony, a donare il fresco piglio degli odierni Sodom. Sono due gli elementi che rendono questi “40 Years…” meritevole di attenzione: uno è relativo all’elenco dei brani oggetto di revisione, l’altro riguarda l’immagine che va a contraddistinguerli. Le diciassette tracce che vanno a comporre il ‘greatest of hell’ dei Sodom sono, infatti, ricercate, rare, non così famose o comunque poco suonate in sede live, andando a confermare l’operazione revival che verrà ripresa anche nei prossimi concerti, come sottolineato dallo stesso Tom nelle note a corredo della presentazione dell’album. Di spessore, autentico spessore, è invece la copertina del disco: le sapienti mani di Eliran Kantor (già al lavoro con Kreator e Testament) hanno creato per l’occasione un magnifico mix tra presente e passato, ed è un bjoux vedere Knarrenheinz in azione mentre attenta alla gola dell’uomo incappucciato di “In The Sign Of Evil” utilizzando la sua stessa spada!
E allora, in una sorta di giochetto dal titolo ‘vecchio contro nuovo’, diciamo tranquillamente che “Gathering Of Minds”, “That’s What An Unknown Killer Diarized” e la recente “Euthanasia” acquistano maggior vigore rispetto alle versioni presenti nei rispettivi dischi; “Genocide”, già bella di suo, aumenta di pathos, e lo stesso vale per “In War And Pieces”; del resto, il fatto di avere in formazione un componente in più in sede di riff ha decisamente giocato in favore di questo aspetto… Ma non è così scontato. La ruvidezza procurata dalle prime “Electrocution”, “Body Parts” e “Jabba The Hut” rimane comunque irraggiungibile. Ultima cosa: non ce ne voglia Blackfire, ma l’impatto di Bernemann in “City Of God” è unico.
Al di là delle preferenze, “40 Years At War” risulta un buonissimo lavoro (anche nelle sue svariate edizioni), oltre che un doveroso ringraziamento ad una band semplicemente storica. Il mezzo voto in più è da leggersi quindi in questo senso. Saliamo sul tank di Tom Angelripper e compagni, e lanciamoci ancora una volta all’assalto: “the sin of Sodom is the sign of evil“, dal 1982.