8.0
- Band: SODOM
- Durata: 00:54:50
- Disponibile dal: 27/11/2020
- Etichetta:
- Steamhammer Records
- Distributore: Audioglobe
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E’ in arrivo al binario 19, con circa dodici mesi di ritardo, il treno merci borchiato Sodom. Ci scusiamo con i gentili ‘metallutenti’, augurandoci che la prolungata attesa venga ripagata a dovere. Già perché era dal gennaio del 2018, dopo la defenestrazione di Bernemann e Makka, che ci si aspettava qualcosa di nuovo, o più semplicemente qualcosa, da parte del cingolato tedesco guidato da Onkel Tom Angelripper. Ed invece, richiamato Blackfire all’ovile, assoldati Yorck Segatz alla chitarra ed Husky alla batteria, a sua volta sostituito da Toni Merkel, la thrash band teutonica si era limitata a far esplodere detonazioni minime (i comunque validi EP “Partisan” e “Out Of The Frontline”), condite da una serie di apparizioni live, facendo quindi sorgere tra gli addetti ai lavori, e anche tra qualche fan, qualche dubbio in merito alla definitiva realizzazione del nuovo album. Come se ad un certo punto tutta quell’adrenalina accumulata in precedenza si fosse pian piano assopita, venendo così assorbita da una buona dose di incertezza e scetticismo.
Niente di più sbagliato: aprite la vostra personalissima cassa ed armatevi a puntino; i Sodom sono (finalmente!) tornati. E lo hanno fatto con una mossa tanto semplice quanto azzeccata, dando così ragione alla cocciutaggine del loro capitano: assemblare l’esperienza della vecchia guardia all’energia dei nuovi innesti (ed in questo, il cambio dietro alle pelli è stato un ulteriore punto a favore). Una miscela anagrafica vincente che si è trasfigurata anche in musica, portando alla realizzazione del qui presente “Genesis XIX”, il sedicesimo e più lungo album in carriera dell’act tedesco. Ma quello che conta e interessa maggiormente è che destinato ad entrare di diritto tra i masterpiece del gruppo della Ruhr, affiaccandosi a quella bomba d’album, rimanendo tra i lavori pubblicati nel nuovo millennio, intitolata “M-16”. Un risultato ottenuto anche grazie ad un’eccellente produzione, in gran parte eseguita dalla band stessa, che ha reso particolare ognuno dei dodici brani previsti, andando così a scardinare quel trend di plasticosa produzione che ha caratterizzato più di un album del recente passato, e non solo dei Sodom.
Pronti via ed il legame immediato con il passato si manifesta con l’opener “Blind Superstition”: un lento e minaccioso incedere ci riporta dritti dritti al 1988 visto che il minuto in questione non è altro che la riproposizione dell’intro utilizzato durante il tour di quell’anno. Un apripista ideale per “Sodom & Gomorrah”, primo singolo ufficiale lanciato un paio di mesi fa: brano trademark che serve a definire sin dalle prime battute lo stato di forma, più che ottimale, del gruppo. Una pioggia sonora di fuoco e zolfo a puntellare la distruzione delle due città bibliche; una rasoiata decisa e d’impatto che anticipa uno dei pezzi clou dell’intero full-length. “Euthanasia” lo avremmo visto benissimo in “Persecution Mania” ma non solo: è l’apporto fondamentale di Segatz a donare al brano, tatuato old-school da cima a fondo, ulteriore mordente così da non sembrare un semplice deja-vu della prima ora. Ascoltare per credere. “Genesis XIX” ha della sua una varietà propositiva che lo differenzia dalle ultime uscite made in Sodom, ed è proprio la titletrack (già presentata nel precedente EP) a testimoniare una molteplicità creativa che si palesa lungo tutti i sette minuti: strofe al fulmicotone lasciano spazio ad un refrain più orecchiabile prima che un maligno intermezzo strumentale consegni le chiavi per un’ultima scarica thrash. Lanciarsi in un track-by-track dell’album potrebbe sembrare prolisso, ma non farlo sarebbe ingiusto nei confronti degli episodi proposti da Tom e compagni. Ed allora cosa dire della marciosissima “Nicht Mehr Mein Land”? Pesante, cruda, in rigorosa lingua madre, dove furiosi blast beat si alternano a riff midtempo in attesa del finale catastrofico.
Troppi dodici brani? No, se come detto, ognuno di loro porta con sé un tratto singolare: in “Glock N’Roll”, infatti, mentre il serial killer di turno miete le sue vittime, thrash’n’heavy si fanno compagnia lungo tutti il pezzo, regalandoci una sontuosa prestazione dell’intera band, con Toni Merkel sopra gli scudi. Yorck e Toni: forze fresche che hanno contribuito non poco alla buona riuscita del nuovo album. E la successiva “The Harponeer” ne è la dimostrazione: scritta dallo stesso Segatz, la canzone acquista corpo e maggior intensità con il trascorrere dei riff, giocando su continui cambi di ritmo, a sottolineare le atrocità commesse dai cacciatori di balene, replicando così le vecchie “Tribute To Moby Dick” e “Silence Is Consent” del bombarolo “Get What You Deserve”. E se “Dehumanized” richiama le prime tinte black del gruppo di Gelsenricken, “Occult Perpetrator” si fa riconoscere per una parte centrale un po’ insolita, quasi sperimentale potremmo dire ma che comunque non disturba, spezzando così la tensione generale. La genesi thrash sta per chiudere i battenti ma i nostri hanno tenuto in serbo altre due chicche proprio per il finale. La prima si chiama “Waldo & Pigpen”: un malinconico temporale sonoro messo in atto da Frank Blackfire, un mix tra “Agent Orange” ed “M-16” ad omaggiare i due giovani piloti di elicottero (Waldo e Pigpen i loro nomi di battaglia) colpiti da furenti attacchi nel corso del loro dispiegamento sul territorio vietnamita. La seconda, inframmezzata dalla ‘punkettona’ “Indroctrination”, è proprio la conclusiva “Friendly Fire”: la summa dei nuovi Sodom, un concentrato thrash in cui, tra gli altri, spicca ancora una volta la prestazione dietro le pelli di Merkel. Brano che, traslandolo in forma grafica, rende ancor più viva l’opera d’arte rappresentata in copertina dalla sapiente mano di Joe Petagno: quello che sembrava, in sede di presentazione, un quadro sin troppo dettagliato, complesso e confusionario, riflette invece alla perfezione la proposta di una band che ha saputo ritrovarsi dopo un’autentica rivoluzione interna. Il treno borchiato Sodom è arrivato ed è stata una mazzata in pieno volto.