SODOM – Tapping the Vein

Pubblicato il 01/09/2022 da
voto
9.0
  • Band: SODOM
  • Durata: 00:46:01
  • Disponibile dal: 01/08/1992
  • Etichetta:
  • Steamhammer Records

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Tra sedici giorni esatti avremo la fortuna di trascorrere un sorridente sabato a dir poco thrash, che troverà il suo culmine nello show dei Sodom. Il cingolato di Gelsenkirchen, capitanato dall’inossidabile Onkel Tom, salirà infatti sul palco del Metalitalia.com Festival in una veste tutta nuova (intravista in Italia solamente per qualche minuto nel corso del Rock the Castle del 2019) e con un ultimo album praticamente da promuovere (“Genesis XIX” è stato infatti pubblicato nel bel mezzo della pandemia). E allora, in preparazione all’evento, abbiamo deciso di celebrare al meglio la band tedesca, innalzando un disco sottovalutato, fortemente penalizzato dal periodo della sua release; un momento storico in cui il thrash metal (ad esclusione di qualche nome) stava entrando in un vortice d’involuzione/sperimentazione/crisi d’identità che si sarebbe trascinato per un intero decennio. Un album che, proprio quest’anno, va a spegnere le sue personalissime trenta candeline.
Siamo nel 1992 e, giusto per rimanere nel quadro dei The Big Teutonic 4, la situazione era la seguente: dopo aver raggiunto l’apice con “Coma Of Souls”, i Kreator compirono un’autentica virata stilistica confezionando il primo (“Renewal”) di tre lavori quantomeno controversi; da parte loro, i Destruction erano appena entrati in un frangente di carriera più che critico, che sarebbe poi esploso nel mega-flop targato “The Least Successful Human Cannonball”; i Tankard, infine, con “Stone Cold Sober” non riuscirono a confermare quanto di buono avevano realizzato qualche anno prima, avvalorando alcuni segnali di stallo già comparsi nel precedente “The Meaning Of Life”. E i Sodom? Contrariamente ai compagni di bandiera, sempre più alla ricerca di un’accettazione globale alla voce mainstream (rivelatasi pressoché scarsa), il gruppo di Angelripper, dopo il comunque valido “Better Off Dead”, decise di inserire la sesta marcia rilasciando uno dei migliori album della propria carriera, rimasto ingiustamente sepolto dal periodo nero del genere.
Ecco dunque “Tapping the Vein”, autentica fucilata in pieno stomaco. Una scarica grezza e violenta, lunga quarantasei minuti, con i quali i Sodom misero sul piatto tutte (ma proprio tutte) le armi sonore a loro disposizione. Crudo, crudissimo, quasi più di “Persecution Mania”, altrettanto vario come “Agent Orange”, “Tapping the Vein” rilanciava la band teutonica nella sua forma più brutale e schizzata, ma non per questo meno coesa o dedita al semplice e puro caos. Ognuno degli undici brani presenti in scaletta (unica eccezione, se vogliamo, “Deadline”) merita una menzione d’onore: chirurgici, lugubri, bastardi, goderecci, fulminei, marci, rockeggianti. Un disco semplicemente completo; una dose continua di thrash (e death) da sparare sulla folla, o direttamente in vena come ben rappresentato dallo storico Knarrenheinz, ammaliato dal blu della copertina con l’unica macchia di rosso sanguigno simboleggiata dal fatidico deflussore. Sorretto da una sezione ritmica ultra consolidata a nome Angelripper-Chris Witchhunter (per il batterista questo sarà anche il canto del cigno con i Sodom), il combo della Ruhr aveva assoldato Andy Brings alle sei corde con l’unico e spietato compito di sguinzagliare tutta la propria rabbia attraverso ogni forma possibile di riff.
Missione dinamitarda rintracciabile nell’immediata doppietta iniziale. La raffica innescata da “Body Parts” prende letteralmente alla sprovvista chi pensava ad un alleggerimento compositivo o a qualche esperimento pseudo-commerciale, colpendolo direttamente in testa con una legnata dolorosa, con l’ugola roca di Onkel Tom (in modalità “In The Sign Of Evil”) a far da contorno alla furia esplosiva degli strumenti. Ferocia che non cede di un millimetro, acquisendo ulteriore pazzia nella successiva “Skinned Alive”, dove il braccio di Brings sgancia il pilota automatico, abbinando una melodia di fondo lunga la folle quantità di riff scagliati senza tregua. La forza di “Tapping the Vain”, come detto, è quella di saper variare i colpi, tutti comunque dannatamente efficaci. “One Step Over The Line” arriva cupa, morbosa, pesante, come il tema affrontato; un mid-tempo ossessivo ed energico (una sorta di “Remember the Fallen” parte II). Siamo al terzo pezzo e l’album ha già messo sul tavolo le intenzioni dei Sodom: brutali, scevri da qualsiasi idea di svendita di mercato, e con “Deadline” riprendono a pestare, pur con un brano che, di fatto, è una via di mezzo tra le prime canzoni proposte. Ma non c’è tempo di riflettere, e con “Bullet in the Head” troviamo pure il tassello punkeggiante di Tom e compagni, utile allo sconquasso generale. Il drum-kit di Witchhunter rimane su ritmi vorticosi; difficile creare scossoni più estenuanti. Invece no: ci pensa “The Crippler” a spazzare via tutto, a chiudere ogni discorso, ad inchiodare i padiglioni auricolari del metallaro di turno, ipnotizzato dal catarroso incedere di Angelripper; Brings è una macchina da guerra, che sia suo il braccio quello pompato in copertina? Proseguiamo: la seconda parte del disco prende avvio con un brano che avremmo tranquillamente inserito tra i futuri progetti folkoristici di Onkel Tom. “Wachturm” è geniale e beffarda: cantata in lingua madre, narra il vano tentativo di conversione dello stesso Angelripper da parte di due Testimoni di Geova; tuttavia, come recita il pezzo, “meine pornos sind mir lieber“. E’ quindi il turno della titletrack, uno degli episodi più letali e marci dell’intero lotto, a simboleggiare il flusso velenoso che si insinua tra le vene, giungendo alla perdizione mentale e sonora posta a metà brano, prima della ripartenza conclusiva. Ci si avvicina alla fine delle ostilità ma prima, c’è il tempo della ‘simpatica’ “Back To War”, a testimonianza della passione per il tema della guerra da parte di Tom, anche questa volta vista con gli occhi critici ma sempre spietati a cinici. Lo scorrere del fluido tossico non trova ostacoli ed è “Hunting Season” a darci l’ennesima dimostrazione di come i Sodom abbiano le idee molto chiare su quali fossero gli obbiettivi da perseguire in quel preciso momento della loro carriera. E la definitiva conferma arriva proprio alla fine di “Tapping The Vein”: “Reincarnation” si traveste di mistero con il suo passo flemmatico, a tratti quasi slayeriano, con la quale il trio tedesco stacca la spina, estrae la siringa, mettendo la parola fine al micidiale circolo venoso.
Lo scorso giugno, in occasione del Rock Hard Festival, sul palco di Gelsenkirchen, proprio Andy Brings è salito on stage per accompagnare la band nella proposizione di “Body Parts”, “One Step Over The Line” e “Wachturm”. A Trezzo sull’Adda Brings difficilmente sarà presente ma, visto il trentennale, qualche estratto da questo pietrificante disco sarebbe ben accetto.

TRACKLIST

  1. Body Parts
  2. Skinned Alive
  3. One Step Over The Line
  4. Deadline
  5. Bullet In The Head
  6. The Crippler
  7. Wachturm
  8. Tapping The Vein
  9. Back To War
  10. Hunting Season
  11. Reincarnation
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