7.5
- Band: SOEN
- Durata: 00:52:20
- Disponibile dal: 04/11/2014
- Etichetta:
- Spinefarm
- Distributore: Universal
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Secondo giro di boa per la super-formazione progressive targata Soen, ovvero il batterista Martin Lopez (ex Opeth, Amon Amarth), il cantante Joel Ekelöf (Willowtree), il chitarrista Joakim Platbarzdis e il bassista Stefan Stenberg, che rimpiazza il precedente (super)bassista Steve DiGiorgio. Un Re-rinoceronte ed il suo lauto pasto di uomini – creatura partorita sempre dalla mente dell’artista messicano José Luis López Galván, come in “Cognitive”- presenta a livello immaginifico il nuovo “Tellurian”, un album di progressive muscoloso, massiccio, articolato, che sente tantissimo la produzione “toolegiante” di David Bottrill (anche con Smashing Pumpkins e King Crimson) e che insiste su un suono tipicamente moderno e potente capace di donare uno spirito assolutamente imponente al lavoro. Basti notare il tripudio batteristico di “Kuraman” ed il suo impatto nelle cuffie, tanto da far sembrare di avere il buon vecchio Lopez suonare al proprio fianco. E’ infatti caratteristica importante dell’intero disco (e del progetto Soen) insistere sul tratto percussivo e batteristico, intricato ma diretto, coaudiuvato dalle melodie interessanti e più melliflue di Ekelöf, il quale talvolta ammorbidisce l’ascolto e trasporta in territori onirici e oscuri. “The Words” è infatti un esempio in questo senso, malinconica, barocca e fluttuante, capace quindi di mostrare anche l’aspetto emotivo che il progetto intende comunicare. I brani riescono ad essere convincenti, seppur non siamo di fronte a nessuna traccia miracolosa, ben suonati, ben bilanciati, degnamente interpretati. “Pluton” è forse uno dei risultati migliori in questo senso, dove personalità e tecnica riassumono la forza dei Soen, ancorati sempre a Tool/A Perfect Circle così come affiancati alle produzioni prog di band fondamentali per la scena come Porcupine Tree e Opeth. Le centrali “Koniskas” ed “Ennui” sono le più debitrici nei confronti di queste fonti, eppure è comunque un piacere sentire come l’influenza non diventi mera imitazione ma abbia anche una forza a sé stante che permette di cogliere un fondo di passione ed autenticità che in produzioni e composizioni come queste – ed in generi come questo – spesso si rischia di dimenticare. Stenberg non fa rimpiangere DiGiorgio, instaurando un rapporto quasi più bilanciato con Platbarzdis e meno eclettico, ma pur sempre tecnicamente impeccabile. Laddove “Cognitive” potesse aver deluso per i debiti troppo ingenti ai padri del prog claustrofobico e mistico come i Tool, in “Tellurian” troviamo quei debiti parzialmente saldati, essendosi integrati benissimo con una personalità e una classe che stanno trovando una direzione assolutamente ed indiscutibilmente pregnante ed essenziale per ogni amante del sincopato contemporaneo. Dove “Tellurian” pecca in originalità esso guadagna in impatto e summa complessiva, risultando un ottimo disco di progressive contemporaneo, al di là delle critiche che ad esso si possono (comunque) muovere.