5.0
- Band: SOILWORK
- Durata: 00:40:45
- Disponibile dal: 21/04/2003
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
I Soilwork non ne vogliono proprio sapere di riposarsi! Non è passato nemmeno un anno dalla loro precedente fatica che già i nostri ritornano sul mercato con questo nuovo schif… ehm… disco! Ormai in pieno marasma da “sperimentazione”, la band si lancia addirittura nella creazione di un nuovo genere musicale: il pop metal. Messa da parte qualsiasi, anche vaga, spigolosità, i Soilwork infatti si buttano a capofitto nella musica pop, sfoderando in undici nuove e per chi scrive esilaranti tracce, ritornelli e melodie degne di MTV. E il growl e le ritmiche serrate, direte voi? Be’, la prima ormai è diventata una sorta di voce sporca mentre le seconde, le quali comunque non erano già quasi più presenti su “Natural Born Chaos”, oggi potete davvero scordarle, visto che su questo disco poteva anche suonare Scott Columbus dei Manowar (con tutto il rispetto). Le chitarre si sono invece ribassate (In Flames docet) ma queste, se non nella title track, non creano uno, dicasi uno, passaggio o riff che sia aggressivo o anche lontanamente pesante quanto sarebbe lecito aspettarsi da una band che porta questo nome e che non moltissimo tempo fa ci ha regalato tre ottimi lavori di intelligentissimo thrash-death metal. Sulla scia dei succitati In Flames (mai tour fu più influente!) fanno poi la loro comparsa una serie di coretti e soluzioni elettroniche che, se su “Reroute To Remain” degli stessi potevano anche apparire interessanti ed oggettivamente molto ben congegnate, qua risultano forzate e di una prevedibilità e di una banalità allucinanti, con l’aggravante che sono tutte oltremodo melodiche e smielate. Dov’è finita la grande band che tutti conoscevamo? Chi lo sa, probabilmente i soldi hanno preso il sopravvento sull’integrità artistica dei nostri, i quali oggi non sono neanche più in grado di regalarci belle canzoni (al di là del genere), canzoni che invece erano ben presenti sul precedente lavoro. Dopo l’ascolto di questo “Figure Number Five” (proprio una bella figura…), personalmente l’abbiamo presa, come si suol dire, sul ridere… e se ce lo permettete, vi inviteremmo a fare lo stesso (a meno che non siate amanti di Festivalbar et similia). In fin dei conti, cosa volete aspettarvi da un disco composto a tavolino e che contiene canzoncine che non dispiacerebbero a vostra nonna? Passiamo oltre, che è meglio…