SOILWORK – Övergivenheten

Pubblicato il 16/08/2022 da
voto
8.0
  • Band: SOILWORK
  • Durata: 01:05:20
  • Disponibile dal: 19/08/2022
  • Etichetta:
  • Nuclear Blast

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Ferragosto moglie mia non ti conosco? Sembra proprio di sì perché quest’anno, che pure passerà alla storia come uno dei più caldi di sempre, vede ai canonici impegni ferragostani (dalla classica gita fuori porta alla grigliata) affiancarsi anche impegni inediti per l’italiano medio in questo periodo dell’anno, come la partenza del campionato o la campagna elettorale. Non sappiamo come vadano le cose in Svezia, ma un’altra novità di questo anomalo 2022 è il triangolare – una sorta di trofeo birra Moretti con l’Ikea al posto del baffo – che vede uscire sugli scaffali virtuali a distanza di pochi giorni l’atteso ritorno degli Arch Enemy, il chiacchierato esordio dei The Halo Effect e il dodicesimo album dei Soilwork, il tutto senza contare l’imminente tour di In Flames e At The Gates che lascia presupporre a breve altre novità da Gothenburg. Se pur “Övergivenheten” sia tra tutti quello forse meno atteso,  i Soilwork risultano essere i più coerenti della compagnia – accessibili senza la ruffianeria di Amott; fedeli a se stessi senza il pilota automatico di Stanne e Stromblad; innovativi senza le tentazioni americane di Friden  – portando avanti un percorso che nell’ultimo decennio ha donato loro una seconda giovinezza dopo il calo di metà carriera. Con il trittico “The Living Infinite”, “The Ride Majestic” e “Verkligheten” i Soilwork si sono infatti posizionati, in un percorso parallelo a quello dei The Night Flight Orchestra, verso un ibrido tra il Gothenburg sound e l’AOR, dove le classiche ritmiche di melo-death svedese fungono da tappeto all’ugola sempre più pulita di Speed Strid. “Övergivenheten” (‘abbandono’ in svedese) non fa eccezione e, fin dalla title-track in apertura, conferma come la cifra stilistica sia ormai questa: intro simil-folk, strofa un po’ più pestona e un ritornello caleidoscopico come un musical, prima della quiete finale al piano. Il gioco si fa ancora più esplicito con la tristemente profetica “Nous Sommes A La Guerre” (un omaggio ai Megadeth di “A Tout Le Monde”?), dove di fatto lo scream è praticamente assente, ma chi temeva un eccessivo alleggerimento dei suoni non si lasci ingannare dai primi due singoli: le varie “Is It In Your Darkness”, “Vultures” e “Harvest Spine” randellano come i bei tempi andati (ci riferiamo evidentemente al periodo “Figure Number Five” e “Stabbing The Drama” più che a “Steelbath Suicide”), ed addirittura in “This Godless Universe” spuntano arrangiamenti a metà tra i Dimmu Borgir e gli Ensiferum. Menzione a parte per la conclusiva “On The Wings Of A Goddess Through Flaming Sheets Of Rain”, che nei suoi sette minuti riassume al meglio il nuovo corso della band di Helsingborg, ma in generale l’ora abbondante di durata scivola via tra momenti più leggeri (“Valleys Of Gloam”), strumentali quasi da chillout (“Morgongåva/Stormfågel”, “The Everlasting Flame”) e passaggi simil-prog (“Golgata”). Forte di una line-up ormai stabile, con il definitivo ingresso del bassista Rasmus Ehrnborn dopo tre anni da turnista, il sestetto conferma la propria maturazione oltre i confini del melo-death, tra arrangiamenti raffinati e cori sontuosi ma senza rinunciare alla botta di energia tipica del genere.

TRACKLIST

  1. Övergivenheten
  2. Nous Sommes La Guerre
  3. Electric Again
  4. Valleys Of Gloam
  5. Is It In Your Darkness
  6. Vultures
  7. Morgongåva / Stormfågel
  8. Death, I Hear You Calling
  9. This Godless Universe
  10. Dreams Of Nowhere
  11. The Everlasting Flame
  12. Golgata
  13. Harvest Spine
  14. On The Wings Of A Goddess Through Flaming Sheets Of Rain
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