6.5
- Band: SOILWORK
- Durata: 00:47:46
- Disponibile dal: 02/07/2010
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Questa volta i Soilwork si sono presi un periodo di pausa un po’ più lungo ed il successore del deludente “Sworn To A Great Divide” arriva a tre anni dalla pubblicazione di quest’ultimo portando con sé la piacevole novità del rientro in formazione dello storico chitarrista e songwriter Peter Wichers. Dal punto di vista stilistico “The Panic Broadcast” segue la linea tracciata sin dal discusso “Natural Born Chaos”, che vede la band svedese sempre più vicina a sonorità melodiche e commerciali come dimostrano “Two Lives Worth Of Reckoning”, “Night Comes Clean” e “Let This River Flow”, pezzi immediati e ben strutturati su un ritornello orecchiabile e sin troppo zuccheroso. Per fortuna il sestetto originario di Helsingborg ogni tanto ha ancora voglia di mostrare gli artigli e l’opener “Late For The Kill, Early For The Slaughter” o l’ottima “Deliverance Is Mine” ci mostrano il lato più grintoso della band. Il ritorno in squadra di Peter Wichers ha sicuramente giovato ai Soilwork che denotano, rispetto al disco precedente, un lavoro molto curato proprio a livello chitarristico, con più spazio per gli assoli e un riffing che in svariate occasioni strizza l’occhio al Devin Townsend più tecnico, anche se la sperimentazione di strutture più varie presente nella conclusiva “Enter Dog Of Pavlov” non convince in toto. Meglio ascoltare le influenze Alice In Chains e post-grunge in una “Epitome” sorretta dalla brillante prestazione vocale di uno “Speed” Stird sempre meno incline al mix di scream e growl che lo avevano messo in luce agli esordi. L’ottavo sigillo dei Soilwork pare un prodotto ben costruito e ben poco spontaneo, la qualità del songwriting è buona e i veri cali di tensione sono circoscritti a “The Akuma Afterglow” e “The Thrill”, che non sarebbe neanche male se non fosse per quel mielosissimo ritornello già sentito mille volte dai Killswitch Engage. Chi ha apprezzato la svolta melodica dei Soilwork avrà di che divertirsi con “The Panic Broadcast”, che per inciso è molto meglio del precedente “Sworn To A Great Divide”, mentre chi segue la band sin dagli esordi ascoltando qualche ritornello e constatando l’abisso sempre più profondo con le sonorità della prima ora verrà tormentato da un atroce dubbio: ma siamo sicuri che siano gli stessi di “Chainheart Machine”? In attesa di una risposta, archiviamo fra soldi ed evoluzione un disco ampiamente sopra la sufficienza che si colloca con dignità all’interno della discografia dei Soilwork.