9.0
- Band: SONATA ARCTICA
- Durata: 00:47:22
- Disponibile dal: 04/09/1999
- Etichetta:
- Spinefarm
- Distributore: Audioglobe
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Esistono molti modi in cui un giornalista musicale può dare il via ad un nuovo anno: si può dedicare uno speciale alla carriera di una band storica, ricapitolare alcuni degli eventi più significativi in programma per i prossimi mesi, oppure…prendere in analisi le amareggianti gesta di una delle formazioni ormai meno riconoscibili del panorama metal europeo e fare un lungo viaggio indietro nel tempo, fino al momento del loro sfavillante debutto sul mercato; così da portare un miscuglio di allegria e malinconia a tutti coloro che, ormai apparentemente rassegnati, non riescono più ad immedesimarsi in ciò che la determinata realtà rappresenta oggigiorno.
Nel 2019 si sono dette molte cose sui Sonata Arctica e sulla loro carriera in declino, ma è importante non dimenticare che negli anni questa band ha avuto modo di recitare ben tre diversi atti, tra i quali il primo, composto da quattro magnifiche gemme di power metal finlandese, rappresenta ancora oggi una fonte inesauribile di emozioni per un numero davvero impressionante di fruitori. Tra questi non sono in pochi, nonostante i diretti seguiti non siano assolutamente da meno, a ritenere l’oggi ventenne esordio “Ecliptica” il più coinvolgente, scintillante e magicamente riuscito lavoro partorito dalla mente del frontman Tony Kakko, nonché di quel compianto asso della sei/sette corde che è ancora oggi Jani Liimatainen, la cui carriera si è mantenuta davvero su livelli degni di lode anche dopo la sua fuoriuscita avvenuta nel 2007.
Con una opener come “Blank File” risulta già difficile chiedere qualcosa di meglio da un’opera prima: quattro minuti di grande power metal ispirato direttamente alle gesta degli ancora crescenti Stratovarius, con un incedere a dir poco incalzante, un guitarwork sviolinante ed un ritornello che getta le fondamenta per tutti quelli seguenti, dei quali ancora nessuno ha avuto modo di scollarsi di mente nonostante gli anni trascorsi. Con “My Land” il ritmo rallenta per favorire una maggiore introspezione, prima di esplodere nuovamente nella furente “8th Commandment”, la cui essenza neoclassica si sposa alla perfezione con delle parti cantate a dir poco assuefacenti, interpretate magistralmente da un Tony ancora nello sbocciare del suo talento, ora ridotto ai minimi termini. Il saliscendi di adrenalina prosegue con la toccante linea melodica della semiballad “Replica” e con gli inconfondibili inserti di tastiera di “Kingdom For A Heart”, anche se alle orecchie dei più tutto ciò sembra quasi impallidire rispetto a quel che arriva subito dopo: è infatti “Fullmoon” a rappresentare tutt’ora la vera traccia-emblema dei Sonata Arctica e di tutto il loro repertorio, pur senza voler togliere niente anche alla commovente ballad “Letter To Dana”, che continua inevitabilmente a stimolare ben più di una lacrima al fortunato ascoltatore. Il neoclassicismo torna a farla da padrone in “UnOpened” e in chiave più aggressiva nella penultima “Picturing The Past”, giunti alla quale appare impressionante come il livello qualitativo non abbia proprio mai voluto saperne di arrancare, neanche in un singolo passaggio. Tutto ciò si mantiene valido anche nella lunga e varia suite conclusiva “Destruction Preventer”, degno commiato di questa sorta di dolce incantesimo del gelo, che ad ogni ascolto riesce ancora a farci percepire il freddo abbraccio di un power metal finnico agli albori del suo massimo splendore, raggiunto poco tempo dopo dai più maturi “Silence”, “Winterheart’s Guild” e “Reckoning Night”; prima della lenta discesa, che comincerà coi comunque gradevoli “Unia” e “The Days Of Grays” per poi precipitare inesorabilmente in un oscuro baratro di piattezza e mancanza di grinta.
Sebbene i Sonata Arctica stessi oggi paiano quasi sottovalutare la potenza di ciò che sembrava riuscirgli così bene in gioventù, noi abbiamo le idee molto chiare su cosa abbiamo avuto modo di amare di loro, ed è anche per questo che vi invitiamo caldamente a fare vostra una copia contenente una versione originale di questo magnifico “Ecliptica”, possibilmente boicottando senza ripensamenti quella orrenda riedizione datata 2014; il tutto chiudendo gli occhi e immergendovi ancora una volta nelle fredde terre finlandesi, che per qualche anno sono state tra le principali protagoniste di tutto ciò che continua ad essere il power metal.