8.0
- Band: SONATA ARCTICA
- Durata: 00:48:34
- Disponibile dal: 18/05/2012
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Dopo un avvio di carriera incentrato su sonorità prettamente power metal, il merito dei Sonata Arctica è stato quello di sapersi evolvere implementando la propria proposta con soluzioni hard rock e progressive e, soprattutto, quello di introdurre in ogni pubblicazione nuovi elementi da affiancare alle più consolidate caratteristiche della band. Il nuovo “Stones Grow Her Name” non fa eccezione in questo senso, mantenendo un certo gusto melodico degli esordi, il cantato stratificato ed espressivo del “recente” Tony Kakko (che pathos nella pregevole ballata “Don’t Be Mean”!) e la vena progressiva degli ultimi lavori, ma, come sempre, il quintetto finlandese aggiunge qualche nuovo ingrediente, riscontrabile, ad esempio, nelle sonorità hard rock ’70 del futuro classico “Shitload O’Money”. L’evoluzione dall’ultimo “Days Of Grays” è lieve ma percettibile nella volontà di insistere su refrain portanti di facile assimilazione che consentano a brani quali “Losing My Insanity” e il singolo “I Have A Right” di fungere da traino alle partiture meno immediate. Il settimo capitolo in studio sulla lunga distanza dei Sonata Arctica mostra un songwriting fresco e continuo, in cui l’ormai da tempo acquisita libertà artistica permette alla band di variare continuamente umore e la propria direzione stilistica, senza per questo risultare eccessivamente slegata o eterogenea. Il collante sono sempre le vocals condite da stratificazioni corali di Tony Kakko e le tastiere zuccherose di Henrik Klingenberg, oltre ad alcune scelte melodiche di natura neoclassica; fatto sta che i Sonata Arctica si permettono di passare dalle tinte nervose della graffiante “Somewher Close To You” al folk impazzito che sfocia in una cavalcata power di “Cinderblox” senza apparire fuori luogo. “Stone Grow Her Name”, con la sua vivacità e le sue molteplici sfaccettature, è l’ennesima risposta convincente dei Sonata Arctica a tutti quelli che pensano al metal neoclassico come ad una corrente senza più nulla da dire. Esiste una via d’uscita, un sentiero solcato già ai tempi di “Reckoning Night”, oggi sempre più nitido e confortevole.