7.5
- Band: SONS OF APOLLO
- Durata: 00:57:00
- Disponibile dal: 20/10/2017
- Etichetta:
- Inside Out
- Distributore: Sony
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I Sons Of Apollo sono la nuova band formata dal duo composto da Mike Portnoy e Derek Sherinian: abbiamo avuto modo in anteprima di parlare del disco nel nostro track-by-track, mentre adesso ci occuperemo di commentare ed analizzare l’album. Ricordiamo come si tratti di una band che in realtà non è nata proprio all’improvviso, perchè Sherinian, Portnoy e Billy Sheehan avevano già avuto modo qualche anno prima di suonare insieme in un tour, accompagnati da Tony MacAlpine (la line-up venne chiamata semplicemente PSMS, dalle iniziali dei musicisti). Da lì nacque l’idea di proseguire il discorso con un album vero e proprio, ma passò diverso tempo e la cosa cominciò a concretizzarsi solamente all’inizio di quest’anno. Tra l’altro, come chitarrista è stato alla fine reclutato Ron “Bumblefoot” Thal (Guns ‘N’ Roses), mentre come cantante è stato scelto Jeff Scott Soto. Insomma, ne è venuta fuori una vera e propria superband, dove effettivamente il background dei vari membri è alquanto vario e non affonda necessariamente le proprie influenze in ambito metal prog. In realtà, visto che il principale fautore del progetto è proprio Sherinian, l’impostazione finisce per essere quella e non è un caso che l’album si apra già da subito con una traccia di oltre undici minuti (“God Of The Sun”). Ad ogni modo, bisogna riconoscere che non si tratta del ‘solito’ disco metal prog e, per quanto inevitabilmente si possano riscontrare in qualche misura elementi stilistici propriamente riconducibili ai Dream Theater, “Psychotic Symphony” suona in maniera sostanzialmente diversa, anzi, i Sons Of Apollo dimostrano di possedere caratteristiche e peculiarità proprie. Si possono ravvisare, in particolare, sonorità alquanto moderne, sebbene l’anima del sound resti di vecchia scuola, con momenti di puro hard rock e un certo flavour settantiano, reso in parte dai vari strumenti e dai timbri utilizzati da Sherinian nel corso del disco (organo, mellotron, mini-moog, ecc.), in parte da arrangiamenti che rimandano palesemente agli anni ’70, come la purpleiana “Divine Addiction”, preceduta dalla breve intro “Figaro’s Whore”. Al di là comunque di queste influenze e digressioni, “Psychotic Symphony” resta un album essenzialmente metal, dove si possono trovare tracce dalla struttura complessa e articolata come la già citata “God Of The Sun”, “Labyrinth” o la strumentale “Opus Maximus”, accanto a brani più diretti e immediati quali “Coming Home”, “Alive” e “Lost In Oblivion”. Il tutto, è ovviamente poi impreziosito dalla bravura tecnica dei musicisti, che certo non hanno bisogno di alcuna presentazione: Sherinian è indubbiamente il grandissimo protagonista del platter, sempre molto presente e fantasioso in ogni brano, oltre che superlativo nei suoi numerosi assoli; non sono però certamente da meno gli altri musicisti, che hanno modo di brillare e mettersi in evidenza nelle varie divagazioni strumentali che si ritagliano all’interno del disco. Assolutamente azzeccata poi la scelta di Scott Soto, che riesce a realizzare con la sua voce una sorta di trait d’union tra le diverse anime e i diversi stili che si fondono nella musica dei Sons Of Apollo. Davvero un buon disco, presentato come il prodotto di un’autentica band e non di un semplice progetto estemporaneo: se le cose stanno davvero così, possiamo dire che si tratta di una formazione senz’altro interessante e, oltre ad essere rimasti soddisfatti da questo primo lavoro, le aspettative non possono che essere altissime per il futuro.